Di L.R. Forse per alcuni mesi è opportuno smettere i panni dell’olografica cartolina di un Cilento incantevole, che tutti ci invidiano per il suo paesaggio, i suoi colori e le sue potenzialità, e riflettere sulla progressiva invivibilità che spinge tanti giovani a partire. Oggi l’attenzione è tutta rivolta alla terra dei centenari, intanto i poteri forti continuano la politica del carciofo per spogliare il territorio delle strutture e dei servizi fondamentali per garantire un vivere civile e assicurare un adeguato supporto ad un minimo di economia produttiva e non assistenziale. La scorsa settimana a Cannalonga, in occasione della fiera, mons. Vescovo, Ciro Miniero, ancora una volta ha affermato con decisione e con toni allarmati che “il Cilento è una terra martoriata”. Infatti, il territorio continua ad essere marginale, periferico, disagiato; per mancanza di servizi si vive male e la saga delle strade – la Cilentana in testa – costituisce la più evidente testimonianza della pazienza dei cittadini e della colpevole e vergognosa oscitanza di politici e di amministratori. Dopo avere smantellato il sistema della sanità pubblica, con l’ospedale di Vallo ridotto ad una larva, ora tocca al Tribunale e nessuno si pone l’interrogativo circa gli effetti collaterali: carcere, compagnia dei carabinieri, ecc. Il futuro è ipotecato anche da questo preoccupante esodo, altro che Vallo al centro, come ci si è esaltati pronunciando parole vuote nel rimbombo di una piazza che appare sempre più vuota. Appare evidente la crisi della giustizia, il cui più evidente dato è costituito dalla lentezza nei processi. Certamente non si risponde accorpando i tribunali; occorre operare più in profondità a livello etico-politico, puntando innanzitutto sulla sensibilità civica, sia a livello istituzionale che privato, per far diminuire il tasso di litigiosità, affrontando il grosso problema della pletora di avvocati, un caso tutto italiano che, secondo l’OCSE, incide notevolmente sulla causidicità, favorita anche dalla diffusa tendenza di molti legali interessati ad allungare i procedimenti ricorrendo a costanti rinvii. Sono cambiamenti che investono la società nel suo complesso; a ciò possono essere affiancati altri provvedimenti incentrati sui disincentivi monetari o sull’obbligo della mediazione, limitando il ricorso in appello e in cassazione, fase dei processi che, non di rado, appare solo un riturale della parte soccombente per guadagnare tempo. Il Presidente del Tribunale di Vallo con lodevole schiettezza ha fatto riferimento alle vere cause delle disfunzioni, per la verità note da tempo. Egli ha indicato nell’assenza di magistrati residenti a Vallo il dato che determina un elevato avvicendamento di essi, con la evidente conseguenza che il servizio viene espletato prevalentemente da giudici di prima nomina. Nel breve periodo di permanenza nella sede – solitamente tre anni, ridotti a uno nella ricorrente evenienza di maternità – si determinano disfunzioni e ritardi, quando i processi vengono assegnati a magistrati subito trasferiti, situazione ormai endemica, aggravata dai tempi lunghi delle sostituzioni, quando queste avvengono. Circostanza resa più grave dal fatto che, statisticamente, i magistrati di prima nomina non fanno registrare una elevata produttività. Intanto, la mancata dichiarazione del tribunale sede disagiata consente di risparmiare maggiori compensi e punteggi per i giudici come invece prevede la legge! Si aggiunga a ciò il mancato adeguamento della pianta organica (12 giudici compreso il presidente) che già per sé incide gravemente sulla funzionalità del tribunale. Di tutto ciò non c’è alcun riferimento negli indicatori utilizzati dal Ministero, usati a livello internazionale per misurare la “performance” dei tribunali: “disposition time” – i giorni per esaurire procedimenti pendenti -, “clearance rate” per calcolare il rapporto tra procedimenti definiti e quelli nuovi, l’indicatore di sforzo, cioè l’incremento percentuale di procedimenti definiti per l’obiettivo teorico di esaurire lo stock delle pendenze in un tempo prestabilito considerando anche i flussi dei nuovi procedimenti. Ebbene, queste analisi non fotografano la vera situazione del tribunale di Vallo, e il suo classificarsi al penultimo posto in Italia ricorda tanto l’affermazione del manzoniano avvocato che, seduto tra gli onesti mangiatori alla tavola di don Rodrigo, non ha ritegno nell’affermare “a saper maneggiar le grida…”! Intanto mi interrogo sull’efficacia della terapia che s’intende adottare per risolvere il problema: il tribunale non funziona, sopprimiamolo! Allora perché non fare la stessa cosa della Provincia, della Regione, di tanti altri enti che dovrebbero erogare servizi efficienti. Come se, per risolvere il problema di una scuola con un alto numero di alunni con deficienze in alcune discipline un saggio dirigente chiedesse di sopprimere la scuola stessa, senza adoperarsi per mettere a punto strategie e mezzi idonei per garantire il massimo sostegno agli alunni e poterli così preparare adeguatamente alla vita!
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