Di Adriana Coralluzzo Giorno 16/09/2016 si è tenuta la replica dello spettacolo Paestum Polis Aperta realizzato dall’ Accademia Magna Graecia in collaborazione col Parco Archeologico Paestum e scritto ed ideato dall’attrice e regista Sarah Falanga. Caratteristica principale dello spettacolo è la natura itinerante, infatti gli spettatori vengono guidati dalla Sig.ra Falanga tra gli scavi come Virgilio guidò Dante tra emozioni contrastanti, un misto di stupore e paura. Questo lo si deve all’interattività, in particolare colpisce la scena in cui si racconta del periodo di siccità che vede gli attori penetrare nel pubblico pagante al grido di: “acqua!”. Il benvenuto è dato da Athena in persona, non è facile calarsi nei panni di una Dea ma i ragazzi dell’Accademia dimostrano di avere una sensibilità trascendente: “Poseidonia vivrà con tutto il corredo luccicante della sua civiltà fino a che io ,Athena veglierò dal suo punto più alto, da qui dove fu edificato il mio tempio che ancora è venerato e custodito, accarezzato dal vento di ogni tempo, nutrito dal respiro eterno di ogni uomo…” queste le parole pronunciate nella scena iniziale tra le colonne del Tempio di Athena e una musica suggestiva. Il continuo salto tra le epoche si evince anche nelle colonne sonore che ci accompagnano, infatti nella scena successiva si palesa la nostra Guida, sulle note dei Queen Sarah Falanga fa il suo ingresso a cavallo presentando ciò che ci attende. Dall’antica Grecia, al 1940 con due grotteschi archeologi che spiegano la materia con cui è stata eretta la città di Poseidonia, il travertino e il favore degli dei ma soprattutto l’eleganza nel pensiero di un popolo che ha dato vita alla civiltà, come oggi la conosciamo. Dal comico al drammatico con un monologo sulla figura della donna di un’attrice di cui sicuramente sentiremo parlare, per il pathos e trasporto con il quale ha travolto i presenti. Quanto mai attuale, in un età che pensa di essere più civile di quella, ma che ancora vede femminicidi consumarsi ogni giorno. Il cambio del nome in Paestum corrisponde ad un cambio di tradizioni che arriva con la conquista romana la quale si mette in scena nell’anfiteatro capitolino “tagliato dalla strada” polemica che ci riporta ad oggi ma solo per un istante, fin quando all’ingresso dell’anfiteatro si scorge una coreografia che circonda il pubblico in un velo bianco che lega la ballerina al centro con metaforiche catene: “fa che il viaggio di un uomo non sia la bugia di una meta, ma la verità della strada che è lunga e segreta”. L’apice dell’imbarbarimento si ha nella scena d’amor carnale tra una fanciulla greca e un romano. Ancora interattività con il banchetto degli Dei al quale il pubblico viene invitato a bere vino e con cui inizia l’esaltazione a Dionisio Dio del vino e dell’ebbrezza. Il monologo del profeta, inascoltato e disperato si evince dalla maestria di parole pronunciate come se fossimo lì a sentirle poco dopo l’incendio, come se fosse ancora in grado di parlare un profeta dopo la morte, sulle note di Comptine D’un autre Été: “è questa la mia città sotto la cenere, e questa è la mia veste da profeta, e questa è la mia testa piena di dubbi. È vero sto trionfando, i miei giusti presagi hanno acceso il cielo”. Dionisio , Athena, Era ci salutano dalla Basilica con i lampi all’orizzonte come a dirci che sono ancora tra noi: “Siamo la vittoria e la tradizione…siamo la speranza ed il futuro delle origini! Siamo la storia!”
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