Di Bartolo Scandizzo L’annunciata fusione della Bcc Monte Pruno di Roscigno e Laurino con la Bcc di Fisciano è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Se non conoscessi il Direttore Albanese, potrei affermare che la stessa è giunta inaspettata anche a te … La decisione di effettuare una fusione, anche a noi, è arrivata come un fulmine, ma sicuramente non a ciel sereno. Il credito cooperativo vive un momento molto delicato della sua storia dove, operazioni della specie possono essere comunque all’ordine del giorno. Posso essenzialmente dire che è necessario farsi trovare sempre pronti di fronte a situazioni del genere perché il nostro mondo ha bisogno di tendere, con estrema velocità, al cambiamento ed il tempo per farlo è davvero risicato. Nella fattispecie della fusione con la BCC di Fisciano, suggerita dall’Organo di Vigilanza, è stato chiesto proprio di agire in tempi molto rapidi e di dare una risposta in pochissimi giorni. Chi si farà sorprendere dall’arrivo dei fulmini e non si troverà preparato, organizzativamente e mentalmente, sarà in serie difficoltà e, quindi, verrà travolto dagli eventi. Da anni la Banca Monte Pruno è proiettata verso l’area territoriale del Potentino e nulla faceva immaginare una virata così improvvisa. Cosa ha indotto il cambio di strategia? Non si tratta assolutamente di un cambio di strategia, anzi, abbiamo sempre dichiarato di essere aperti e disponibili verso tutti i discorsi. Guai se una Banca come la nostra alzasse le barriere per tutelare le sue posizioni senza guardare a ciò che accade fuori. Il processo di riforma del credito cooperativo ci impone di aprire gli orizzonti ed è indispensabile adeguarsi. Quella con la consorella di Fisciano sarà una bella opportunità di mercato, colta con grande entusiasmo e volontà di chiudere, come già detto, positivamente per entrambe le aziende, l’operazione di fusione nel minor tempo possibile, senza però dimenticare che il nostro interesse per l’attuale zona di competenza, compresa quindi l’Area Lucana, continuerà ad essere forte ed intenso. Quali sono i numeri che andrete a gestire dopo la fusione? Le due aziende daranno vita ad un soggetto economico con una raccolta totale di circa 700 milioni di euro, impieghi che superano i 450 milioni di euro, un montante di 1,15 miliardi di euro. La nuova struttura avrà competenza territoriale su centri come Salerno e Potenza, una zona di competenza comprensiva di ben 77 Comuni, che comprende anche una parte della Provincia di Avellino, una clientela potenziale di 550 mila abitanti, 16 filiali operative sul territorio, 120 dipendenti. Come si chiamerà la nuova banca? Il percorso di fusione darà vita alla Banca Monte Pruno – Credito Cooperativo di Fisciano, Roscigno e Laurino, denominazione rispettosa della storia dei diversi territori d’origine, che non verrà mai cancellata. Tutti sappiamo che l’approvazione della riforma delle Bcc ha sconvolto molti piani nel mondo del credito cooperativo. La vostra scelta, come altre che verranno, modificheranno anche gli equilibri nella federazione regionale. Cosa prevedi? La riforma del Credito Cooperativo ha sconvolto più di 130 anni di storia. Il nostro sistema con il nuovo assetto modificherà completamente il funzionamento complessivo del sistema. Per rispondere a questa domanda prendo in prestito le dichiarazioni del Governatore Ignazio Visco sull’argomento e contenute nelle considerazioni finali della relazione annuale della Banca d’Italia: ” Nel definire l’assetto di gruppo e i rapporti tra le varie componenti, occorre seguire logiche strettamente industriali, mediante un patto di coesione che dia effettivi poteri di governo alla capogruppo, e perseguire con determinazione razionalizzazioni e guadagni di efficienza. La componente associativa può mantenere un ruolo di rappresentanza a livello nazionale e territoriale, senza indebite interferenze sulla pianificazione strategica, sulla gestione operativa e sulle funzioni di controllo del gruppo.”.In breve, il Governatore della Banca d’Italia, in riferimento alla riforma della Bcc, ha affermato chiaramente che il futuro ruolo delle federazioni (nazionale e regionali) non potrà che essere di pura rappresentanza ed, inoltre, che non saranno ammesse interferenze delle stesse nell’attività di direzione e coordinamento che la capogruppo eserciterà sulle BCC. Mentre a livello nazionale ancora c’è incertezza sulle soluzioni che si stanno approntando in vista della costituzione di un gruppo in grado di fare massa critica con oltre un miliardo di Euro di capitale sociale, si sta propendendo per la costituzione di un solo soggetto o si concretizzerà la soluzione a due teste? Dal mio punto di vista mi auguro che ci siano due gruppi bancari. La posizione della nostra azienda è chiara da quasi due anni ormai. Riteniamo che l’orientamento di Cassa Centrale sia maggiormente in linea con le nostre idee, i nostri obiettivi, le nostre strategie. Avere due gruppi bancari significa sicuramente avere maggiore democrazia, maggiore concorrenza, maggiori opportunità per i territori e la clientela. Viviamo questa fase con la massima tranquillità, perchè sicuri di essere in buone mani e di aver avviato, anche con la BCC di Aquara, un buon lavoro insieme a diverse banche operative su tutto il territorio italiano con il quale condividiamo, soprattutto, i valori che ispirano l’azione di Banche di Credito Cooperativo o meglio di artigiani del credito e che tendono a valorizzare le banche virtuose chiedendo, per queste ultime, maggiore autonomia, necessaria per meglio assistere il territorio. Nel secondo caso, dove si collocherà la nuova Bcc che avrà un’ampia area di riferimento provinciale? E’ chiaro che al momento si sta pensando esclusivamente ad affrontare i problemi macro e non certo quelli territoriali. La costruzione di un gruppo bancario comporta numerose implicazioni di carattere non solo operativo, ma anche e soprattutto, strutturali ed organizzative. La declinazione delle nostre aziende sul territorio non dovrà cambiare ma, bensì, dovrà essere ispirata a logiche caratterizzate da vedute molto più ampie e meno campanilistiche rispetto ad oggi. La grandezza di una Banca, come dice sempre il collega Antonio Marino, non si deve misurare in chilometri quadrati, ma in base alla capacità di saper stare sul territorio e sulla forza di imporre il modello di Banca di Credito Cooperativo. Alla luce di questo fatto, svanisce il progetto sempre annunciato e mai realizzato di fusione con la Bcc di Aquara … Come abbiamo sempre dichiarato sia noi che la consorella di Aquara, considerato il positivo stato di salute delle due aziende, quando si vorrà la fusione la si potrà concretizzare con velocità e naturalezza. Mi preme sottolineare come con l’operazione che ci apprestiamo a realizzare non sia cambiato assolutamente nulla rispetto a prima, anzi nel momento in cui anche la BCC di Aquara apra il discorso ad operazioni di fusione con altre consorelle, si potrebbe ambire alla costituzione di un vero e proprio colosso bancario nel Mezzogiorno d’Italia. Per fare questo però ognuno deve allargare maggiormente gli orizzonti, facendo, laddove necessario, anche dei passi indietro necessari per trovare i giusti equilibri. Per gente come noi che ha dato la vita al credito cooperativo non è facile riuscire ad incamminarsi su tale percorso ma, ad un certo punto, ci si accorge di come sia indispensabile, nell’interesse delle nostre Banche, abbandonare i campanilismi ed osservare il mondo da un orizzonte molto diverso e, se necessario, mettersi da parte. Immagino, visti i rapporti di una vita, che comunque Antonio Marino (direttore della Bcc di Aquara) è stato informato per tempo. Come l’ha presa? Premettendo, molto sinceramente, che non capisco il perché di questa domanda che vede coinvolto il collega Marino in questa vicenda, cercherò, comunque, di dare una risposta. Sicuramente c’è stato uno scambio di idee con il collega Marino, così come lo facciamo in altre e diverse occasioni. Discutere significa anche avere visioni diverse circa la valutazione e la fattibilità delle operazioni da porre in essere e per le quali, ognuno, ha fatto delle scelte sulla scorta di come vede il futuro della propria azienda. È fondamentale ricordare però che le due BCC in questioni non siano né Michele Albanese né Antonio Marino. Le decisioni vengono prese nei rispettivi Consigli di Amministrazione delle stesse, indipendentemente da quelli che sono i rapporti di una vita. Difatti, anche in passato, ci siamo trovati con la BCC di Aquara, a ruoli invertiti, di fronte a situazioni simili, dove ognuno ha agito autonomamente nell’interesse della propria azienda. È chiaro che la vicinanza e la comunanza di idee non possono presupporre che le valutazioni e le opportunità di compiere delle operazioni diventino una questione personale tra noi due. Noi continuiamo a discutere e confrontarci, ma è normale che due professionisti possono avere visioni differenti ed eventualmente propendere per scelte diverse. A tuo parere, come si evolverà il risiko tra le Bcc in ambito regionale? Come più volte ribadito dalla Banca d’Italia, il numero delle Banche in Italia dovrà ridursi, non superando le 150 unità. Va da sé che anche in Campania l’effetto di questo orientamento si sentirà. Più che parlare di risiko io mi concentrerei su quello che accadrà ai territori, in quanto, le conseguenze di ciò che accadrà da questo punto di vista si potrebbero riverberare sull’economia locale. Parlare di poltrone o di fusioni serve a ben poco, è utile, invece, capire come cambierà e se cambierà l’azione delle BCC all’interno del territorio. Questa è la mia vera preoccupazione, unita ai posti di lavoro dell’intero comparto sui quali vanno fatte serie ed importanti riflessioni. Anche per questo, come affermato, prima in riferimento alla Riforma, non ci sarà più la “classica” Cassa Rurale o BCC e che, quindi, bisognerà ragionare in un’ottica industriale, mettendo da parte i campanilismi ed abbandonando la logica del posto fino alla morte.
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