di Bartolo Scandizzo
Un padre, un Figlio e lo Spirito santo … Una Madre, la madonna, e tante vestizioni fatte dai fedeli devoti per riconoscere e riconoscersi nella fede identitaria di una comunità. Ogni popolo e paese si raccoglie “sotto il suo manto” per “salvarsi” l’anima e per ottenere grazie dirette o indirette. Lungi da me essere blasfemo, però raccontare ciò che caratterizza la devozione dei pellegrini che, annualmente, si raccolgono in cima al monte Cervati (Cervato per i Sanzesi) vuol dire anche mostrare uno spaccato sociologico del nostro mondo profondo. Tutti gli anni, il 4 agosto, il popolo dei devoti alla Madonna della Neve si inerpica, con ogni mezzo utile, fino in vetta del nostro monte (1898 m) per onorare la “versione” sanzese della Madonna con il Bambino. A piedi, in automobile, su camion, trattori, perfino a cavallo … Si tratta di una moltitudine di individui che fa ciò che genitori e nonni hanno plasmato e infuso in loro senza soluzione di continuità fin dalla tenera età. I Sanzesi non sono i soli che pregano, invocano, osannano … La statua nella grotta incastonata in uno dei punti della muraglia di pietra che fa da roccaforte inaccessibile sul versante Nord del Cervati. I pellegrini, infatti, provengono anche da da Monte San Giacomo, Sassano, dall’intero Vallo di Diano e da Piaggine nel cui territorio ricade la grotta. Gli altri, i non Sanzesi, hanno un ruolo di comprimari sia nella gestione degli spazi, attrezzati e non, sia nella organizzazione liturgica della festa. A guardia della grotta, per decenni, c’è stato il “Chiainaro” Giuseppe Cavallo; alla sua morte gli successe Mario, suo genero. Con una “forzatura” la congrega” composta quasi esclusivamente da Sanzesi, s’impossessò della grotta e, da allora, ha abbinato la sua gestione a quella della del “monopolio” della gestione della cappella costruita e ampliata nel corso dell’ultimo secolo. Questo duopolio non è stato mai esercitato in modo equo. Infatti, i Sanzesi, hanno di fatto disseminato il cratere del Cervati di segni identificativi del loro comune forti di un attaccamento senza pari nelle altre comunità di fedeli. Sono stati loro che hanno reso lo spazio antistante è quello che circonda la chiesa e la grotta accessibile ad ogni pellegrino/a. Sono loro, agli ordini del priore a capo della confraternita, che dettano i tempi della festa e dei trasferimenti della statua della Madonna della Neve da Sanza a Cervati e ritorno con una processione che è un’esperienza che lascia il segno in giovani e meno giovani senza distinzione di censo e di sesso. Bisogna riconoscerlo, solo sul Cammino di Santiago di Compostela o nella marcia della pace Perugia –Assisi si incontrano tanti giovani, di ambo i sessi, in un pellegrinaggio. Eppure, solo nell’area Parco del Cilento, Diano e Alburni ci sono altri sei santuari dedicati ad altrettante Madonne “sorelle”. Per non parlare di tutti gli altri che rappresentano un’infinità di stelle nel firmamento mariano.
Nella notte tra il 4 e il 5 di agosto, oltre un migliaio di pellegrini, partendo alle 5 del mattino dalla chiesa del monte, si sono riversate sul sentiero che porta dal Cervati fino a Sanza per circa 20 Km intervallati dalle “poste” dove si effettuano le soste per consentire il cambio dei portantini designati dalla Confraternita. Quando centinaia di luci e torce (una volta erano fiaccole) cominciano a bucare la notte che si si appresta all’alba, si infilano giù per il sentiero scavato nel dorso della montagna, gli occhi di chi è accampato alle “Chianodde” a quota 1600 m, le seguono con una certa apprensione. Tutti conoscono la difficoltà di scendere per il viottolo disseminato di sassi e materiale refrattario trascinato verso valle dalla neve che si è sciolta nell’ultima primavera.
Ad accompagnare la discesa fuochi pirotecnici che sfidano le stelle già soggiogate dall’aurora. Canti, grida e richiami si inseguono dalle avanguardie fino a chi ha orecchie per intenderli. Le lingue artefatte degli “stranieri” in patria si sovrappongono all’idioma cantilenante degli autoctoni. Giovani e anziani immortalano all’infinito volti strapazzati dalla lunga veglia ma ravvivati dalla voglia di vivere, ancora un po’, i segni di un rito caratterizzante che nel profondo.
Col sorgere del sole che illumina il monte lasciato alle spalle, il passo si fa più rapido e le luci si spengono nelle lampade per riaccendersi sui volti che risorgono da un orizzonte sempre più chiaro.
Si comincia a programmare il dì di festa in paese già pronto ad accogliere la statua che sarà esposta nella chiesa che sarà la sua casa per i prossimi 11 mesi.
Giovani e meno giovani già pregustano il rientro a casa, una doccia rigenerante, l’abito pronto per il rientro nella società dell’apparire e a tavola nel mondo dell’opulenza che, da sempre, nei nostri paesi si esalta il giorno della festa patronale.
La serata in paese sarà fatta di suoni, bancarelle, luminarie, incontri, saluti, fuochi pirotecnici, un passaggio in chiesa, lo struscio per vedere e farsi riconoscere … il giorno dopo non sarà lo stesso di quello che lo ha preceduto. Mentre il “cammino” dal Cervati a Sanza si cristallizzerà nei ricordi sempre più netto rendendolo sempre più definito nei contorni e misterioso nell’animo del pellegrino.
Sul Cervati, quest’anno, è apparso anche un personaggio che non è passato inosservato. E’ piaciuto a tutti (o quasi) giovani e meno giovani, uomini e donne. Atletico fino al punto che prima della messa ha corso dalla piazzola antistante la cappella fino in cima al monte (1899 m). Sorridente e accogliente, affabile e concreto … ha confessato sui gradini della chiesetta, da lontano si vedeva gesticolare, sorridere, assecondare, esortare i “penitenti”. Quelli in fila in attesa, prima intimiditi dal doversi fare vedere in “confessionale”, poi rasserenati dai modi del confessore. Poi , prima dell’alba, si è incamminato in processione circondato da giovani che lo acclamavano in improvvisati capannelli. Con lui si passava dal profano di una bevuta al sacro dell'”Ave Maria” dando un senso alla prima come alla seconda esperienza. Sto parlando di don Maurizio un prete con la faccia e l’atteggiamento di un”garibaldino” della fede: è stata una vera e propria “distrazione di massa” ben accolto da tutti i fedeli.
L’edizione 2016 della festa ha fatto segnalare anche un altro significativo cambiamento nell’atteggiamento della “congrega” nei confronti delle altre comunità di pellegrini. Infatti, con un accordo preventivo, Luigi Vigorito, presidente della Pro loco di Piaggine, ha concordato una sosta della processione in discesa dal Cervati in territorio “chiainaro” con fuochi d’artificio e la concessione di poter infilare la spalla di alcuni prescelti sotto l’arca in cui è sistemata la statua della Madonna durante il suo rientro a Sanza dopo un mese di esposizione in vetta.
Lo stesso sindaco di Sanza, Francesco Di Mieri, durante un’intervista ad Italia2TV davanti alla chiesa sul Cervati, ha proclamato la necessità che il santuario venga fatto proprio anche da tutta la comunità dei fedeli del Vallo di Diano e dei paesi che sono situati sulle pendici del monte.
Ha immaginato uno sviluppo di presenze turistiche sul Cervati e invocato l’aiuto del neo presidente del Parco, Tommaso Pellegrino, a farsi parte attiva per accompagnare il processo di valorizzazione del monte.
Vale la pena ricordare che il 13 aprile us la statua di Maria Santissima della neve ha fatto un viaggio straordinario fino a Roma, dove Papa Francesco l’ha incoronata e benedetta sul sagrato della Basilica di San Pietro.
Evidentemente, dopo questo imprimatur del Papa sia L’Arciconfraterntita sia il sindaco si sono sentiti investiti di una missione di fratellanza nella devozione alla Madonna.
Ora si tratta di sanare un’altra ferita che “sanguina” da molto tempo: ripristinare l’accesso alla strada Sanza – Cervati dal tratturo della Festola. Questa via ha sempre consentito ai mezzi di abbattere i tempi di percorrenza per raggiungere la vetta del Cervati soprattutto alle persone anziane di Piaggine, Valle dell’Angelo, Laurino e dell’intera Valle del Calore. Inopinatamente, proprio a ridosso della festa un po’ di anni fa, fu scavata una trincea ed eretto un dosso proprio per impedire che ciò accadesse. Da allora a nulla sono valse le rimostranze di cittadini e delle autorità di Piaggine e degli altri comuni interessati ad accorciare, sensibilmente, i tempi di percorrenza per esprimere la propria devozione alla Madonna della Neve. Chi oggi vuole raggiungere il monte deve sottoporsi ad un viaggio estenuante: attraversare la montagna fino a Rofrano per poi immettersi la strada Sanza – Cervati. In fondo si tratta di aprire un corridoio “umanitario” proprio per i più anziani e deboli che da tempo hanno rinunciato alla gioia di salire in cima e depositare nella grotta della Madonna le proprie invocazioni accompagnate dalle loro preghiere.