di L.R. Il convegno che la diocesi di Vallo celebrerà in questa settimana affronta il tema della presenza dello Spirito e di come Egli abiti nel contesto cilentano per animare la vita della chiesa. A giudicare dalle schede preparatorie, l’orientamento per la discussione sembra privilegiare l’aspetto teorico, mentre il pontificato di Francesco ha suscitato anche nella chiesa italiana attese sicuramente più concrete in linea con la convinzione che l’esperienza religiosa costituisca ancora una dimensione fondamentale dell’uomo. Il papa, in modo molto coinvolgente, ha dimostrato quanto gli elementi più significativi dell’evangelo di Gesù possano anche rappresentare uno strumento critico per superare miti e condizionamenti culturali; prospettiva nella quale, a fronte della progressiva e rapida scristianizzazione, la chiesa locale esercita ruoli e funzioni connessi con la trasformazione sociale, integrazione volutamente ignorata dalle corrispettive letture laiciste. Chi è estraneo a questa storia, o per incapacità di prospettiva non vi pone la dovuta attenzione, dimentica o non comprende che, volenti o nolenti, nella biografia del singolo si proietta l’esperienza di una comunità. Se si vuol dare credibilità alla difesa dell’individualità storico-esistenziale e culturale-pastorale di questa chiesa locale perché continui ad esistere nonostante canoni di valutazione e propositi di riorganizzazione, è necessario rivendicarne la validità dell’esperienza, maturata grazie alla devota riconoscenza a Gesù la cui vicenda personale di duemila anni fa ha dimostrato di essere il Cristo. Anche la rievocazione di un quotidiano spesso distante e diverso costituisce una testimonianza di fede. Tradizione e cultura materiale generano una radicata pietas verso radici che, nei vorticosi mutamenti imposti dalla globalizzazione e nella crisi comune che attanaglia lo spirito dell’uomo del terzo millennio, sovente costituiscono l’unico approdo sicuro per recuperare valori e mantenere la speranza, visto che l’imperante secolarizzazione s’accompagna ancora a manifestazioni di pervadente religiosità popolare, importante elemento nella vita di ogni uomo, anche quando non trova rispondenza in comportamenti coerenti. Su questa base la chiesa fonda il suo operare per dare solide basi comunitarie ed identità di gruppo nel regolare i comportamenti religiosi; perciò, la persistente capacità di creare cultura si esprime fornendo anche adeguate letture dell’ordine sociale. L’urgenza della riflessione sul fatto religioso e sulle sue manifestazioni si collega anche a problemi interni alla chiesa, come la sua progressiva burocratizzazione, mentre assillanti interrogativi posti dalla civiltà del villaggio globale, nel quale incalza anche il mercato delle credenze o un sincretismo di fedi che ne snatura la sostanza, minano la pretesa infallibilità del cristianesimo praticato nel Cilento da millenni. E’ un duro colpo ad alcuni cardini della coscienza collettiva e dei singoli nella diocesi, ormai al bivio tra accettazione del pluralismo, con tutti i rischi collegati, oppure chiusa per conservare credenze in un asettico contesto a-temporale. Il progressivo disinteresse o la superficialità verso i contenuti della fede per la perdita di significato e la loro scarsa incidenza favoriscono la sostanziale relativizzazione dei contenuti. Mentre la Bibbia è sempre meno letta e conosciuta, si aggrava la confusione circa l’identità cristiana e il crescente disimpegno della famiglia mina i doveri di socializzazione religiosa. Il sintomatico diradarsi della partecipazione alla liturgia aggrava la divaricazione tra aspetti socio-culturali esteriori di natura folcloristica e la ritualità controllata dall’apparato ecclesiastico. Circa i sacramenti dell’iniziazione cristiana o di passaggio si percepisce sovente solo l’elemento giuridico tradizionale, così come un’attenzione soltanto formale non aiuta a comprendere devozioni ancora diffuse, legate alle festività patronali, ai pellegrinaggi, al culto dei santi, in una gerarchia di valori che li rende preminenti rispetto alla liturgia domenicale. All’aggravarsi della crisi della religione di chiesa corrisponde la ricerca di nuovi modelli organizzativi. Inoltre, la penuria di vocazioni pone il problema del sostanziale rifiuto del modello tridentino di sacerdote, che ha toccato punte quasi di non ritorno. Per la maggioranza dei fedeli la chiesa è il vescovo e i preti; il senso di appartenenza ad una comunità si limita al fatto burocratico, senza percezione di responsabilità nei suoi confronti. Da un lato i laici vogliono essere coinvolti solo nel campo caritativo, cultuale ed amministrativo e non in quello pastorale, dall’altro molti sacerdoti sono restii a cedere competenze e responsabilità per non perdere potere. Come nella società occidentale in genere, etica e religione appaiono due campi separati, per cui i principi sono accettati solo se intrinsecamente ragionevoli e non perché imposti da un credo, a fronte di una profonda impronta cristiana, senza riscontri importanti nella vita pratica. Non meraviglia, quindi, l’atteggiamento nei confronti di certe problematiche come divorzio, aborto e, di recente, l’eutanasia, che si cerca di giustificare dal punto di vista etico e giuridico senza riferimento alla religione. Quindi anche la società cilentana richiede un’autentica rievangelizzazione, partendo dalla originalità cristiana pure ancora presente, ma poco efficace anche a causa di strutture obsolete. Ne deriva la centralità dello Spirito, evocatore della speranza, custode dei valori, propugnatore della misericordia in una esperienza che trasforma eventuali confini in un limes mobile tra culture per favorire l’inclusività. E’ necessario ripartire da una catechesi attenta ai valori della memoria e dell’identità nel rispetto delle prerogative della persona e coniugare libertà e responsabilità nella concretezza di un quotidiano scevro da retorica, compito che trova poca rispondenza nel programma del convegno diocesano immaginato per il 2016. Maria, la donna ebrea alla quale è dedicato il numero maggiore di chiese in tutta la diocesi, risvegli nel profondo l’animo del popolo in questo pellegrinaggio verso la Misericordia, invocazione piena di speranza perché profondamente congiunta a quella dello Spirito. Che il suo abitare in mezzo a noi riscaldi, come nessuno sa fare, i cuori, illumini le menti, renda feconda la vita di tutti!
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