di Giuseppe Liuccio Il direttore del Museo e dell’Area Archeologica di Paestum, Prof Gabriel ZUCHTRIEGEL, ha scritto recentemente su uno dei più diffusi quotidiani nazionali un articolo dai toni duri, che si configura come una vera e propria mini. (molto mini) “lezione di etica della responsabilità” ci va giù pesante sia nel linguaggio che nel contenuto. Il succo del suo affondo, ridotto all’osso, in sintesi è il seguente. “Paestum è un disastro di abusi edilizi di cui nessuno si vergogna”. Premetto che condivido sia nella forma che nella sostanza la denunzia forte e ferma, tanto più valida perché viene dalla massima autorità locale preposta alla tutela dell’Area Archeologica del mio territorio d’origine, riconosciuto dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”. Auguro, pertanto con tutto me stesso, cuore anima e ragione,al direttore, a me e a tutti i miei conterranei che il richiamo/denunzia abbia i suoi effetti positivi, anche perché ha il grande merito di aver acceso ai riflettori della grande stampa, degli organi di vigilanza e della più vasta società civile su di un problema reale. Ma, per onestà intellettuale sento il bisogno di fare, in proposito, alcune riflessioni forti , determinate e motivate, anch’io, a supporto della battaglia, che trovo riduttiva, non so se per scarsa informazione, il che sarebbe grave, o per eccesso di cautela diplomatica, il che, se fosse vero, si configurerebbe come mancanza di coraggio, da parte del direttore. Oltretutto c’è il rischio di sollevare un grosso polverone con la conclusione tipicamente italiana: responsabilità generalizzata, assoluzione assicurata. E mi spiego. Cominciamo dall’incipit/premessa. “Il vero problema di Paestum è di carattere culturale”. Si tratta di una ovvietà banale, anche se acquista il tono solenne dell’assioma detta e scritta dal Prof Zuchtriegel, nel suo ruolo di direttore del Museo e dell’Area Archeologica, appunto. Vorrei ricordare, poi, innanzitutto a me stesso che è compito primario ed ineludibile dell’illustre professore difendere e tutelare il patrimonio, che gli è stato affidato, per la sua indubbia professionalità, ma anche con la necessaria inflessibilità nei confronti di quanti dovessero commettere Illegalità. A Paestum le illegalità sono tante, troppe e da troppo tempo impudenti ed impunite. Perciò si dovrebbe anche riempire di contenuti la denunzia e fare nomi e cognomi di chi ha operato gli abusi. E distinguere tra abusivismo privato ed abusivismo pubblico. La denunzia del primo è approssimativa per difetto e va ben oltre le 600 case denunziate nell’articolo. L’abusivismo pubblico, poi è molto più grave, anche perché ne ha la responsabilità diretta o indiretta la stessa Sovrintendenza o perché, l’abusivismo, lo ha fatto in prima persona o perché lo ha tollerato, con silenzi assensi, con distrazioni di complicità sospette. Piacerebbe molto a me, ma credo anche a tanti altri se il direttore Zuchtriegel scavasse negli archivi polverosi del suo ufficio per capire chi e come ha consentito che all’interno delle mura ci fosse, fino a qualche anno fa, addirittura un allevamento bufalino, per non parlare di tutto il resto, con vasca di rifiuti reflui a cielo aperto; chi, in anni più recenti, ha tollerato che nascessero attività molto redditizie della ristorazione e dell’accoglienza da parte di pubblici amministratori in palese e scandaloso conflitto di interesse; chi e perché cambiasse destinazione d’uso a manufatti abusivi e li trasformasse incivili abitazioni, su cui indaga Corte dei Conti e Magistratura. Non crede il Prof. Zuchtriegel che sia più valido ed opportuno fare piena luce sulla verità dei fatti, attraverso un comunicato stampa ufficiale, sulla qualità e la quantità degli abusi commessi e dei relativi responsabili anche per evitare che l’immagine della città dei templi venga esposta quotidianamente alla ribalta della stampa nazionale ed internazionale, con titoli preoccupati e preoccupanti, con un danno enorme per la sua immagine? E ancora perché mai la Sovrintendenza abbia autorizzato festival (?) di spettacoli estivi, qualcuno di valore, ma tanti di dubbia qualità e, a volte, di quasi nullo spessore culturale, alimentando, nell’immaginario collettivo popolare, il sospetto di comparaggio con qualche operatore della ristorazione ma anche autorevole ed influente sponsor pubblico degli eventi, per non parlare del pericolo di danno alla staticità delle colonne doriche con la ressa degli spettatori e con le vibrazioni delle strumentazioni musicali decisamente inadatte alla delicatezza dei monumenti? E ancora non crede il direttore che reclami una qualche spiegazione quell’intervento mostruosamente invasivo del parcheggio a ridosso del nuovo (non so quanto utile) sottopasso alla Stazione di Paestum? Non crede il Direttore del Museo che questi interrogativi meritino una risposta credibile ed esaustiva? La verità è un’altra, caro direttore, che il problema di Paestum è certamente “un fatto culturale, ma lo è anche, e forse di più, la mancanza di una di una classe dirigente all’altezza del compito, inadeguata, pasticciona, velleitaria, pressappochista con l’aggravante della supponenza. Non a caso quasi tutte le ultime amministrazioni comunali hanno fallito e sono state costrette a dimettersi non appena si è aperto il dibattito sul tema, ad alta tensione,del Piano Regolatore. Allora sono scoppiate le contraddizioni e si sono messe in moto le logiche perverse dei veti incrociati finalizzate al trionfo degli interessi sottesi e, per pudore sospetto, mai confessati. Caro direttore mi permetto di darle un consiglio: in vista della Mostra su “Possessione, trafugamento –falsi dell’antichità a Paestum” prevista per il prossimo 2 luglio inviti sindaci, assessori, amministratori di società, funzionari di alto grado del Comune di Capaccio Paestum degli ultimi 20 anni almeno per una diagnosi dei mali antichi e recenti delle città,dal cui dibattito potrebbe scaturire una terapia efficace. Uso volutamente una terminologia medica molto familiare alla quasi totalità dei sindaci dei recenti decenni che spesso hanno la grave responsabilità, fatte le dovute eccezioni, di aver utilizzato la propria professione per fare carriera politica con conseguenze non proprio lodevoli, secondo me, né per la Politica, notare la maiuscola, né per la loro professione. Caro Prof Zuchtriegel, io queste cose, e tantissime altre avrei voluto dirgliele in una confidenziale e pacata chiacchierata nel chiuso del suo ufficio, ma nonostante numerose e-mail e telefonate alla sua segreteria sin dal novembre del 2015, all’indomani della sua nomina, non ho mai avuto né una risposta, dovuta non fosse altro che per un atto di civiltà e men che meno un appuntamento. Ho il sospetto che lei, o ha chiesto informazioni a qualche autorevole amministratore locale, che non mi ama per lo stesso motivo per cui dopo i primi sospetti ed interessati attestati di stima e simpatia cominci a non amare più neppure lei, o,peggio ancora, perché mi ha confuso con un dei tanti questuanti che bussano al suo ufficio. Io invece desideravo solo testimoniare il mio amore di cultura, ovviamente non altisssima e di ampio respiro come la sua, per la mia città dell’anima come provano i miei scritti e la ,mia militanza giornalistica sessantennale alla RAI e sulla carta stampata. Volevo dare e non chiedere. E a tal proposito per completezza di discorso riporto qui di seguito stralci di un mio articolo a commento di una lunga riflessione dell’illustre prof Gillo Dorfles su Il Corriere della Sera del 2012 dal titolo “PAESTUM: FERITE ALLA BELLEZZA E CHIACCHIERE DA OMBRELLONE”. Nell’ultima settimana Paestum ha fatto irruzione, nella cronaca locale e nazionale, con tutto il carico della sua storia prestigiosa, ma anche con la ricorrente problematica delle sue esigenze insolute. Ci ha pensato Gillo Dorfles, con una lucida riflessione sul Corriere della Sera, ad accendere i riflettori dell’interesse della grande stampa e della intellettualità che conta sulla leggerezza con cui le autorità locali hanno consentito “un percorso pedonale a pochi metri dalle antiche mura ed il cui impatto cromatico e tecnologico ferisce crudelmente la misteriosa solennità della fortificazione grecoromana, in quanto viene squilibrata la percezione che si aveva delle mura e viene alterato il rapporto tra la strada e la cinta muraria. È l’ultimo sfregio dell’intervento pubblico alla sacralità dell’arte e della storia dell’antica Poseidonia. E si aggiunge ai tanti che ostentano inciviltà ed incultura alla luce del sole: la strada che spacca in due l’area archeologica ed impedisce di riportare alla luce l’antico anfiteatro, il Museo che ha cementificato con una brutta struttura buona parte dell’area nord dell’antica città, che da Porta Sirena si apriva alla serenità della fertile campagna a trasmigrazione di colline e di montagna verso il Soprano ed il Sottano a dominio della kora extraurbana, per non parlare della fiera delle attività private che impunemente occupano e prosperano a ridosso della sacralità dei templi Dorfles ha (ri)lanciato l’allarme e lo ha fatto, da par suo, con garbo, tatto, signorilità, ma anche lucida fermezza; e con la generosità disinteressata dell’intellettuale di vecchio stampo ha suggerito qualche proposta operativa, su come “sarebbe opportuno, da un punto di vista storico scientifico, ma anche turistico, attivare maggiormente la presenza dei visitatori, organizzando itinerari archeologici ad alto livello, guidati da specialisti, che permettessero di rendersi conto non solo dell’imponente presenza dei templi, ma anche di quella di altri siti archeologici” disseminati nella piana ed oltre. E questa ultima riflessione di Dorfles consente di affrontare il secondo tema, che ha animato il chiacchiericcio della polemica provinciale megafonata, per vanagloria dei protagonisti, sulla stampa locale: La Borsa Archeologica del Turismo Colgo l’occasione per sottolineare con forza che:
- l’evento resta valido, perché si muove nella logica della destagionalizzazione e non solo;
- le risorse pubbliche vanno spese con oculatezza e non dilapidate;
- la Borsa deve accendere i riflettori sia sugli scenari della grande storia del passato che lungo le rotte del Mediterraneo, come fece di Poseidonia, i punto di approdo e di snodo per la penetrazione verso l’interno di traffici, commerci e, conseguentemente, di incrocio di civiltà, lasciando sul territorio tracce di passaggio e presenza dei conflitti tra indigeni e colonizzatori, nella ricca e complessa evoluzione delle fasi storiche, in cui recitarono un ruolo non indifferente Etruschi, Greci, Lucani e Romani con il contributo non indifferente di realtà politiche e commerciali preesistenti o coeve, di cui l’antica Volcei, ancora tutta da scoprire, è testimonianza straordinaria, anche se non l’unica;
- il territorio va coinvolto non soltanto come passivo fruitore di un evento calato dall’alto, ma come protagonista attraverso operatori dei vari settori, responsabilizzando e motivando soprattutto gli istituti scolastici dell’intera provincia attraverso l’attivazione di percorsi didattici/formativi , che facciano riscoprire alle nuove generazioni l’orgoglio di identità e di appartenenza ad una “regione” geografica, che ha fatto la grande storia, i cui eventi vanno conosciuti nella logica del conoscere per amare, amare per difendere, difendere per divulgare;
nel corso dell’intero anno solare vanno scaglionati una serie di altri eventi a reiterazione/approfondimento di quelli affrontati nel meeting di novembre e come anticipo/ricerca di quelli da affrontare nel meeting dell’anno successivo ecc. ecc. ecc.