di L.R. “Nutro fiducia sulle sorti del pianeta Terra. Continuo a proporre attenuanti alle colpe dell’umanità, non per inclinazione al vituperato buonismo, ma per dovere di giustizia temperata dalla misericordia”. Così ha scritto il cardinale Capovilla, morto centenario la scorsa settimana. Protagonista silenzioso di eventi determinanti per la storia della Chiesa, egli lascia un insegnamento di semplicità di vita e di profonda fiducia nell’uomo nonostante tutto. Il suo ottimismo, del quale dovremmo essere partecipi, si è fondato su una visione della vita agli antipodi rispetto all’affermazione che l’evangelista Luca ha attribuito agli apostoli nel passo letto ieri, domenica del Corpus Domini: “Conceda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché siamo in una zona deserta”. In queste parole si riassume il consiglio dato dai discepoli a Gesù, impegnato a parlare alle folle del Regno di Dio e guarire. Cinquemila individui erano rimasti incantati dimenticando l’assillo del quotidiano per nutrire le loro speranze e, per tutta risposta, dodici meschini nel momento cruciale, quando emerge la necessità di operare concretamente, consigliano di mandarli via, spogliandosi delle proprie responsabilità. La risposta di Gesù è precisa e tagliente: fate il primo passo, provvedete condividendo! Egli invita ad operare la prima necessaria moltiplicazione: un’inversione di comportamenti per riempire il cuore ricordando che dare è sinonimo del verbo amare. Procede perciò al rito della frazione del pane e questo pane condiviso pone fine alla fame. La “frazione del pane”, rito ebraico utilizzato da Gesù, sempre pronto a benedire, spezzare e distribuire, si è tramutato nel gesto che ha consentito ai primi discepoli di riconoscere il Risorto; in seguito ha indicato le assemblee di cristiani riuniti per ripeterlo in sua memoria. In tal modo la frazione del pane o eucarestia si è tramutata nella festa della vita donata, laboratorio del Regno di Dio in azione. Così si è perpetuata la presenza del Cristo, vicino e pronto a guarire le carni dei lebbrosi, a riaccendere occhi spenti, a far muovere arti paralizzati, collaudando un mondo nuovo, sanando l’umanità, infondendo energia e libertà nell’animo umano. Il segreto? Non magiare da soli tutto il pane che si ha nella bisaccia; ricordare che due pesci, un bicchiere d’acqua, cinque pani, olio per lenire le ferite del vicino e vino per rianimare il prossimo scoraggiato, un po’ di tempo da dedicare a chi è solo, sollecitudine verso chi è sbandato apportano sazietà a tutti. Con quel TUTTI s’intende proprio tutti i cinquemila che due mila anni fa ascoltavano Gesù sull’arida collina di quella landa palestinese perché il Maestro non praticò distinzioni prima di operare, ammise tutti alla mensa della condivisione. Dio così vuole che operi la sua chiesa: impegnata ad insegnare, pronta a guarire, disposta a saziare, attenta ad accogliere, mentre pratica la più coinvolgente comunione mettendo a disposizione dell’umanità tutto ciò che ha e che non è suo, ma dono del Padre. Non vi pare un miracolo? E’ la moltiplicazione dell’amore nel cuore umano che fa dare il poco ma sufficiente per sfamare e raccogliere avanzi promettenti per il futuro! Concretissimo programma per raddrizzare la spina dorsale di una società sempre più liquida.
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