di Bartolo Scandizzo Da tempo seguo le vicende del credito cooperativo nel nostro territorio ed ho potuto apprezzare il lavoro svolto per far crescere il territorio con le sue aziende in campo agricolo, turistico e del commercio. Il territorio, di contro, ha consentito alle Bcc di crescere ed espandersi ingrandendo i loro patrimoni e implementando il numero dei dipendenti dando spazio ai laureati che, altrimenti, avrebbero dovuto andare oltre in altre realtà a trovare lavoro. Oggi il mondo del credito cooperativo, che ha molto “credito” nella nostra realtà, deve superare se stesso per evitare di dissipare il patrimonio di credibilità accumulato e far pesare il patrimonio economico all’interno del processo di aggregazione imposto, anche se non ricercato, dal sistema del credito cooperativo. Si tratta di fare di necessità virtù! In quanto, nei prossimi 18 mesi bisognerà costruire il soggetto nazionale (ma possono essere anche due) a cui delegare compiti e funzioni che finora erano sempre stati appannaggio delle singole Bcc. Bisogna ricordare, però, che alcuni servizi sono già in capo all’ICCREA come la gestione delle carte di credito, dei leesing, dei rapporti con l’Abi, del fondo di garanzia, ecc. Come in molte realtà regionali le federazioni si sono dati compiti strutturali e di coordinamento più o meno avanzate ed integrate: basti pensare alla federazione del Trentino che, a suo tempo, diede vita al Phoenix Informatica Bancaria S.p.A che ha creato un gestionale all’avanguardia attualmente utilizzato da innumerevoli banche e che solo quest’anno ha chiuso con un utile di 12 milioni di euro. Una struttura che sotto la guida del Direttore Giorgio Crosina ha generato, nel 2015, un valore della produzione pari a 79,1 milioni di Euro, un patrimonio netto di 76,1 milioni di Euro, un numero di banche clienti pari a 147. Insomma, si tratta di declinare al meglio l’idea della “cooperazione” al fine di andare oltre il frammento che, effettivamente, è stato la forza del sistema ma anche il suo tallone d’Achille. Ora si tratta di evitare il rischio che le Bcc con problemi, dovuti alla gestione approssimativa e dei suoi amministratori, trascinino in basso l’intero sistema e, pertanto, faccia nascere azzoppato e con una zavorra insopportabile il soggetto a cui tutti dovrebbero aderire e conferire parte cospicua del loro patrimonio. Il vero pericolo è che ad assumere ruoli di responsabilità (amministratori) siano chiamati proprio le persone responsabili delle Bcc che non hanno i conti in ordine a casa loro. Questo comporterebbe un rischio che non tutti sono disposti a correre. Ecco perché è sempre emersa anche la volontà, di chi si riterrebbe danneggiato da questa eventualità, di perseguire la strada di un altro soggetto nazionale (che la riforma non esclude) con basi solide dal punto di vista del patrimonio e con un grado di autonomia delle Bcc rispetto alla capogruppo tanto più elevato quanto più è virtuoso lo stato dei conti. Sia in un caso che nell’altro, tutti sanno che è giunto anche il momento di fusioni tra banche “virtuose”. Questo perché è comunque necessaria una riduzione dei costi di gestione ed è importante una rimodulazione del modo di fare banca con relativa necessità di riqualificazione del personale per reimpiegarlo in settori remunerativi per le Bcc stesse.
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