Angelo Vassallo era il tipo che non accettava un caffè per non dover ricambiare neppure il prezzo di una tazzina. Così come non aveva sgomitato perché ci fosse il suo nome sulla guida turistica, che lui nel 2003 aveva ideato e trovato i soldi finanche per i cartelli, mentre nella semplice ristampa, un paio d’anni fa Michele Apolito (presidente) e Giuseppe della Pepa (vice), permisero a un gruppo di operai forestali dell’ente di strappare, da diecimila copie stampate, le due pagine dove doverosamente ricorreva il nome dell’allora presidente che a migliaia di turisti nordeuropei aveva dato gli strumenti e gli stimoli per percorrere i fondovalli dei fiumi e i crinali delle montagne. Giuseppe Cilento, sindaco di San Mauro, ha ancora negli occhi l’amarezza di Angelo che, dopo aver visitato più di un impianto di compostaggio nel nord Italia, si affrettava a dare per telefono consigli a Luigi Cobellis, allora sindaco di Vallo della Lucania, perché si facesse presto e bene. “Ne ‘A… tutto sai tu…” fu la reazione stizzita di Cobellis, ed oggi il compostaggio di Vallo è tristemente bloccato e Cobellis promosso a consigliere regionale della Campania. Di Angelo Vassallo, abbattuto da sette proiettili calibro 9×21, iscritto al Pd, ci resta il ricordo di un amministratore coraggioso, che governava il suo paese di mare con amore e decisione, lo aveva condotto a livelli record nella raccolta differenziata, lo aveva tramutato in uno dei gioielli più preziosi del turismo nazionale, lo aveva protetto dalle mire dei signori del mattone, si svegliava all’alba per andare a controllare se i depuratori funzionavano, era il promotore di un modello di sviluppo che faceva proseliti nel circondario ed era guardato con ammirazione anche fuori regione. “Cca si te fermi e ci fai caso può sentì ancora o ‘fieto delle tante alici che abbiamo preso”. Chi parla Mario Sodano, 77 anni, pescatore da sempre, sulla piazzetta lungomare di Pioppi. “Angelo per me non è il sindaco. E’ mio fratello, mio nipote e mio figlio. E’ cresciuto con me. ‘Ntonio u cullega, suo padre, era già amico. Mi commuovo al solo nominarlo. Persona seria, gran lavoratore e grande innamorato di questi posti”. La verità, per il momento forse l’ha potuta ascoltare quell’albero di mandorlo sotto il quale, a Cerza Longa di Acciaroli, uno o più sconosciuti, la notte del cinque settembre del 2010, hanno spento l’interruttore della vita ad Angelo Vassallo, sindaco in carica di Pollica. In attesa che gli inquirenti individuino motivazioni e responsabili del gesto noi sottolineiamo i segni delle sue opere e delle sue intuizioni. A cominciare dalla più poetica. Da Galdo, il borgo più lontano dal mare, dove vivono meno di cento persone, aveva ideato un caffè letterario con un emporio e un ambulatorio. Un luogo di incontro, ma anche di servizio per gli anziani. Si è modificata la toponomastica del borgo con la titolazione di ogni vicolo, viuzza, anfratto, fontana, ai più grandi autori viventi, il classico bar sport si è trasformato in un caffè letterario per costruire una città-libro, una biblioteca scolpita sulle pietre del borgo medioevale. “Studiò al seminario il nostro Angelo ma non si fece monaco. Tornò allo spazio da dove era partito da bambino, quella casa che guarda al mare ed oggi al porto tutto nuovo. Alla barca. Diceva come noi: “Albero in terra, accetta accetta”, aggiunge Mario Sodano. Angelo amava il mare e aveva iniziato a rammendare reti quando ancora andava alle scuole elementari. Presto la pesca era diventata il suo lavoro e lui lo adorava. Era bravo e assai capace”. Passiamo da Vincenzo Pagano, è un gastronomo che scrive su scattidigusto.it “Avevo chiesto ad Angelo di andare in barca con lui a ritirare le reti perché dopo tanti anni si era preso un po’ di ferie per ritornare alla sua passione di sempre, il mare, da dove era nato. Lo chiamavano il sindaco-pescatore, all’inizio 15 anni fa quando era stato eletto forse con un’idea un po’ dispregiativa che sottintendeva ma questo dove vuole arrivare. E invece era arrivato, ma non solo lui, tutta una comunità che grazie a molte idee era sempre più conosciuta. Ed eravamo andati a pesca perché il mare esattamente una settimana fa lo aveva permesso. Se non soffri il mal di mare appuntamento alle 6.20 alla lucciola. Si decide al momento. Notte. Ed eravamo andati per mare insieme al suo amico Lello che lo aveva accompagnato per tutta questa estate a prendere le aragoste e gli scorfani per il ristorante che Antonio e Giusy avevano aperto l’anno scorso. Non ci posso pensare. Non ci voglio credere. In barca mi era apparso stanco e anche nei nostri soliti confronti e schermaglie (invariabilmente conclusi con un… “Enzo, che ne vuoi sapé”) era un po’ giù di tono. Ti stai facendo vecchio, ci stiamo facendo vecchi. I parcheggi, la dieta mediterranea, la spiaggia per i cani. Mi aveva guardato e mi aveva detto: il vero problema è che quando questa squadra non ci sarà più tutto finirà perché bisogna lavorare sodo, troppo. Non mi preoccupo, gli avevo risposto, tanto fai il sindaco per i prossimi 100 anni, dove vuoi andare? Ma non aveva riso per mandarmi a quel paese come faceva a volte. E poi avevamo tirato su la prima rete. Due scorfanetti. Dico, me la fai fotografare un’aragosta grande? Ed eravamo andati a tirare la rete profonda. Ed era venuta su con un grande scorfano e un’aragosta e poi altre. Pensavi che saremmo tornati a mani vuote dicevano i suoi occhi e le sue mani intende a liberare le prede. No che non lo pensavo. E mi aveva detto di andare ad assaggiarli la sera da Antonio. Solo pesce fresco ad Acciaroli, avevamo scherzato. Ed era stata una serata piacevole come la mattinata in barca a guardare la costa che era come tanti anni prima. Bella dietro ai grandi yacht che ora attraccavano ad Acciaroli. Un’altra conquista di cui andava fiero”.
La droga. La sua vigilanza attiva sull’argomento è tuttora il maggiore indiziato per trovare l’autore del delitto. “Ad Acciaroli una mattina (lui si alzava presto) alla mia domanda proprio sull’uso della droga e della delinquenza, Lui rispose: “E’ come dappertutto, è sotto controllo: solo devo stare attento, non si scherza, ma io sono abituato a lottare, lo vedi? Sono un libero cittadino e per esserlo tutti noi, sindaco o non sindaco, devo fare il mio dovere. Il mio dovere è lottare contro questi infami e non solo contro gli spacciatori”. Chi racconta è Giuseppe Recchia, autore di “Hemingway for Cuba”, il libro che sta diventando film sullo scrittore da Nobel che, forse, passò da queste parti. “Invece ricordo un altro episodio e –racconta ancora Recchia – c’eri anche tu che scrivi questo articolo. Ad una delle serate su Hemingway ci fu un momento in cui per esemplificare un discorso complesso accennai ad un personaggio politico che poteva permettersi tutto anche “le ragazzine” e fui attaccato inopportunamente da un “difensore d’ufficio” di quel politico. Intervenne Angelo per zittirlo a modo suo. E lo zittì energicamente. Vidi la faccia umiliata del poveraccio e nei suoi occhi spenti di cane bastonato si era accesa una luce, una luce di odio profondo. Quel “verme” avrebbe potuto uccidere se ne avesse avuto l’occasione”. Oreste Mottola