di Alessandro Pecoraro Il libro di Francesco Cirillo “Calabria ti odio” è stato presentato all’oasi dunale di Legambiente Paestum alcuni giorni fa. Cirillo è un militante ambientalista calabrese che si occupa di problemi sociali legati alla sua terra. Ha partecipato alle lotte dell’area anarchica e situazionista degli anni ’70 e nel 1980 viene arrestato con l’accusa di associazione sovversiva. Nel 1981 viene assolto dall’accusa di terrorismo e condannato per cospirazione politica (terminologia che ricorda l’epopea mazziniana). “Calabria ti odio” è una raccolta di articoli sul malaffare di terra calabra, essendo egli da molti anni giornalista pubblicista per varie testate regionali. Per questo, nel corso degli anni, per la sua scrittura di denuncia, ha collezionato molteplici querele per diffamazione. Il libro è stato pubblicato dalla casa editrice Coessenza, un’ottima realtà culturale – una delle poche – della città di Cosenza. Attraverso 50 storie viene scandagliata la regione, storie maledette ma anche storie belle, di persone che hanno trovato la Calabria come terra adottiva. 50 storie per capire una regione ricca di Pathos ma anche difficile in cui si intrecciano poteri malavitosi (e massonici) con quelli della malapolitica. Ma queste sono storie che incontriamo anche nella nostra Campania in cui convivono saldamente e pacificamente sentimenti di odio e di amore per la propria terra. E noi apparteniamo alla stessa razza, siamo cugini, possiamo vivere solo in queste terre in cui il dolore, la lotta e il disagio si mangiano a pranzo e cena, insomma la vita comoda e facile ci fa schifo. La presentazione è stata introdotta da Pasquale Longo dirigente di Legambiente di Paestum e da Alfonso Natella ex militante antagonista salernitano, suppergiù stessa classe di Cirillo e tenuto d’occhio anch’egli dalle polizie nazionali in quegli anni di fuoco e di piombo. Cirillo nel suo intervento ha spaziato tra i vari argomenti del suo libro: navi affondate al largo della costa calabra zeppe di rifiuti tossici; la macro organizzazione della n’drangheta, sostituitasi allo Stato; politici conniventi che fanno finta di niente, anzi rassicurano la gente (partito trasversale di destra e sinistra quello della Rassicurazione); un popolo, quello calabrese, devoti a santoni e veggenti ma refrattari a ribellarsi al malaffare (in 30 anni una sola grande manifestazione di protesta ad Amantea in cui c’erano 30.000 persone); il TG3 Calabria che parla sempre e solo di sagre e feste paesane anche se il territorio della Sibaritide è pieno di rifiuti tossici sotterrati (il triplo della terra dei fuochi, secondo l’autore di “Calabria ti odio”). Cose più o meno risapute, ma se le trovi scritte su un libro ha la potenza di analisi, ricerca, di verità sottaciute negli anni, di verità ricercate dalle bocche dei testimoni e degli innocenti, insomma la potenza accusatoria dell’inchiostro sulla carta, un po’ come “Gomorra” ricordate? La carta stampata ha la potenza di scuotere le coscienze, di svegliare gli animi e di dimenare i pugni ad incazzarsi. «Le navi della morte, cariche di scorie e di rifiuti, affondate nel mare calabrese non sono state censite da organizzazioni ambientaliste come Greenpeace o Legambiente, nemmeno dalle istituzioni (anzi…rassicuravano, perché il turismo è molto importante per la regione Calabria) ma nientedimeno dai Lloyd’s di Londra, perché la n’drangheta prima di affondarle le assicurava per molti milioni di euro di modo che guadagnava sia dallo smaltimento dei rifiuti e sia dall’assicurazione». Una vera holding del male, mafia capitale a confronto sono dei dilettanti allo sbaraglio. Ognuno ha il suo sud da subire, ma anche da combattere. Il libro racconta anche di storie di accoglienza e solidarietà: Riace, borgo abbandonato dagli autoctoni negli anni ’70 in cerca di lavoro al nord, viene ripopolato da immigrati Curdi che convivono in perfetta armonia con la popolazione locale. Calabria è soprattutto terra ospitale che accetta gli ultimi che provengono da fame e guerre. Ma questo discorso vale anche per la Sicilia ed il resto del sud, ma sono altre vicende che vorrei narrarvi più in là. Libro d’interesse culturale, pubblico e civile. Di lotta e di resistenza, ma anche di indefinibile levità e di riscatto. Per persone pensanti.
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