Dialogo con Don Carlo Pisani
È un pomeriggio afoso, Don Carlo mi accoglie nella canonica tra un nugolo di operai che stanno ristrutturando la chiesa in vista del decennale della parrocchia della Madonna del Loreto. Sempre disponibile, Don Carlo, a parlare della solidarietà umana, esordisce con una storia simbolica che viene dal Pakistan. Cristiani Pakistani (una esigua minoranza) che fuggono da uno dei paesi più integralisti per quanto riguarda l’Islam e la sua sharia. Richiedenti asilo per motivi religiosi. Una delle tante tipologie di richiedenti aiuto alla sua Parrocchia.
«Nell’ultimo anno, come Caritas stiamo provvedendo alle necessità primarie, rifornimento di viveri ed indumenti, quindi il corso di Italiano per stranieri che settimanalmente si svolgeva nei locali della canonica per il momento è sospeso. C’è un’assistenza continua ordinaria e poi ci sono le cosiddette emergenze. Abbiamo settanta nuclei familiari, di cui il 75% di stranieri e il 25% di Italiani che negli ultimi anni è salito tantissimo. Il Banco Alimentare funziona tramite convenzione fatta dal comune e protezione civile anche alla sede di Gromola. Poi abbiamo un 20% di persone che non hanno nessun tipo di documentazione, che non sono registrate, che assistiamo comunque e sempre. Tra i nuovi poveri, di connazionali, aumentati in questi ultimi anni c’è quello storico, tradizionale, cioè quello che non lavora per motivi di salute o per gravi disagi familiari, famiglie numerose semmai con qualche persona con handicap nel proprio nucleo, a questi si sono aggiunti delle nuove figure: i divorziati e i separati che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. Quelli che provengono da fallimenti familiari e questo è un nuovo fenomeno. La famiglia è anche una sicurezza economica, è un sostegno».
Tra i media nazionali ci sono alcuni che denunciano l’afflusso di stranieri come un tentativo di islamizzare la nostra società, seminando tra gli Italiani un senso di paura e smarrimento, voi che siete a contatto con i migranti da molti anni, integrati col nostro tessuto territoriale, percepite questo smarrimento?
«Non lo percepisco affatto, io direi che il problema non è la famiglia islamica che vive in Italia, semmai è la mancanza d’identità della nostra società. É chiaro che quella islamica è un’identità molto forte, in un contesto come quello nostro, a contatto con la società occidentale con disorientamento valoriale, con perdita continua di valori, fa sentire la sua voce. Di questi problemi non ne ho mai avuti, ho avuto confronti forti con persone con problemi di una vita border line, ma scontri di carattere religioso non ne ho avuti. A livelli alti la chiesa sta cercando di limare le differenze, sta cercando il dialogo, non è un problema tra fedi religiose secondo me. Facciamo i conti con un fenomeno nuovo, queste forme di estremismo, e forse non siamo preparati».
Ricordo Benedetto XVI che nelle Lezioni di Ratisbona già parlava, circa dieci anni fa, di mancanza di Identità e relativismo nella nostra società.
«La lezione di Ratisbona non è stata capita dagli occidentali ma è stata capita dagli islamici, tanto è vero che gli intellettuali islamici risposero positivamente a Benedetto XVI. Questo la dice lunga».
Che ne pensate dei muri che vogliono costruire in Ungheria e al tunnel di Calais dove ci sono importanti corridoi umanitari per i flussi migratori?
«Questi governi devono imparare dalla storia: se non entrano pacificamente entreranno con la forza, spinti dai bisogni umanitari, dalle carestie e dalla fame. La disperazione è una grande molla. Se questi fuggono, governi come la Francia e L’Inghilterra una certa responsabilità ce l’hanno».