Massimo Zaccardelli, CREA-Centro di ricerca per l’orticoltura di Pontecagnano (SA) Il Centro di ricerca per l’orticoltura, anche insieme ad Università ed altre Istituzioni di ricerca, ha svolto numerose attività, sia in laboratorio che in pieno campo, sulla caratterizzazione dei legumi tipici della Campania e del Cilento. Diversi dei più famosi legumi tipici campani sono cilentani (Fagiolo di Controne, Fagiolo Occhio Nero di Oliveto Citra, Cece di Cicerale, Lenticchia di Colliano) ma, sempre nel Cilento, stanno suscitando sempre più interesse altri legumi tipici, quali il Fagiolo della Regina di Gorga, il Fagiolo “a Pisiello” e il fagiolo di Mandia. Si tratta spesso di produzioni molto limitate ma di notevole eccellenza, sia per le caratteristiche organolettiche superiori o la maggiore digeribilità che molti legumi locali hanno rispetto alle varietà commerciali, sia perché sono produzioni legate ad antiche tradizioni e a metodi di coltivazione assolutamente ecosostenibili. I legumi, del resto, si prestano molto bene ad essere coltivati senza la somministrazione di concimi chimici, in quanto sono capaci di rifornirsi di azoto – elemento essenziale per la produttività delle colture agrarie – direttamente dall’atmosfera, grazie alla simbiosi azotofissatrice che si instaura tra le radici delle leguminose e i batteri rizobi che, penetrando nelle radichette, determinano la formazione dei caratteristici tubercoli radicali. La Campania e, soprattutto, il Cilento, non finiscono mai di stupire per la grande biodiversità agraria che ancora conservano. Solo a Gorga, frazione di Stio, oltre all’eccellente Fagiolo della Regina, vi si ritrovano anche altri fagioli molto interessanti, quali i “Munacielli”, così denominati per i il colore nero dei semi, i Fagioli “Sciuscelle” e i Fagioli “Tabaccuogni”. Grazie a diversi giovani che ritornano al loro paese di origine dopo aver vissuto anche molto lontano per diversi anni, la coltivazione di questi antichi legumi locali sta conoscendo una nuova alba. Giovani che, talvolta, hanno lasciato dei lavori sicuri in città lontane per dedicarsi alla valorizzazione della loro terra e dei loro prodotti. Un vero e proprio ritorno alle origini. E’ soprattutto con questi giovani che la ricerca può dare il meglio di sé, favorendo la diffusione di metodi di coltivazione basati sull’utilizzo delle risorse del territorio: erbe spontanee impiegate per la produzione di decotti e macerati utilizzati per la difesa naturale delle colture; il compostaggio dei residui organici per la produzione di compost e derivati ricchi in microrganismi ad azione biostimolante e protettiva; la razionalizzazione della densità e delle modalità di semina mediante, ad esempio, l’adozione della semina a file dei ceci e delle lenticchie invece che a spaglio o la sostituzione della semina a postarelle dei fagioli e delle pertiche come sostegni con la semina a fila e l’uso dei pali e delle reti per i fagioli rampicanti. O, ancora, la realizzazione di nuovi preparati alimentari proteici di eccellenza o ricchi in fibra e sali minerali impiegando, come materia prima, le farine dei legumi o, addirittura, i baccelli vuoti che residuano dopo la trebbiatura. In un mondo dove la popolazione mondiale cresce a ritmo vertiginoso, orientarsi verso produzioni proteiche di origine vegetale invece che animale è assolutamente strategico, visto il minore impatto ambientale e i positivi aspetti salutistici dei legumi (ad es. riduzione del tenore di colesterolo nel sangue e apporto di fibre ad azione preventiva nei riguardi delle malattie tumorali dell’intestino). E, ancora più strategico, è la coltivazione dei legumi tipici campani e cilentani contribuendo, in questo modo, all’occupazione e al presidio di questi territori di straordinaria biodiversità.
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