di Luigi Rossi Caro Direttore, mi hai sollecitato una riflessione sulla scuola e per documentarmi ho riletto l’articolo pubblicato la scorsa settimana da Unico sulla bocciatura decretata dagli studenti per quelle di Vallo. La pagina racchiudeva testimonianze non convergenti: alunni, famiglie e comunità manifestano il loro disappunto per motivi che, invece, venivano esaltati dal primo cittadino, prodigo di elogi al settore per i risultati che si sarebbero raggiunti! Chi avrà ragione ? Intanto si assiste al progressivo impoverimento di frange sempre più vaste della popolazione cilentana, le quali trovano crescente difficoltà a godere di una effettiva rappresentanza, limitate dalla matrice tecnocratica di tanti esponenti di un’oligarchia che condiziona i circuiti deliberativi, impegnandosi a neutralizzare dialettica politica e pensiero critico per difendere prassi consociative. Solo la riconquista della partecipazione creativa può consentire l’irrobustimento delle istituzioni democratiche e sanare preoccupanti ed insostenibili disuguaglianze sociali. Da qui l’insostituibile funzione della formazione e, quindi, della scuola. Non so orientarmi tra testimonianze che si collocano agli antipodi. Da decenni ho prestato attenzione al problema, fin da quando – quasi 40 anni fa – si organizzò il primo convegno al CID sul pericolo della droga nella cittadina. Ricordo che a quel seminario parteciparono, allora vivaci studenti, anche alcuni degli amministratori che oggi dicono d’interessarsi della scuola. Allora apparivano attenti critici delle disfunzioni, ed oggi? Intanto si conferma quanto si legge in una storia della cittadina, presentata come una realtà socio-economica in profonda crisi e di retroguardia, interessata solo alla spesa pubblica, situazione molto diversa da quella sperimentata nel Settecento, quando fu proprio la scuola, col commercio e l’artigianato, ad animare il processo virtuoso che ne fece il centro del Cilento e non solo il polo burocratico, scelta quest’ultima successiva rispetto alle ragioni economiche di uno sviluppo e, quindi, del richiamo di cui era capace rispetto al bisogno di apprendimento e di cultura. Allora si verificò esattamente quanto oggi risulta appannato e palesemente in difficoltà, come ha denunciato nell’articolo citato il dottor Riccardo Ruocco. Pessima accoglienza, scarso interesse, poco desiderio di rimanere nella cittadina, anche se garantisce una certa sicurezza, denotano la scarsa attrattiva di Vallo, che rimane poco attenta alle esigenze dei giovani. Se a queste sensazioni non corrisponde un serio impegno, allora è in forse il suo futuro, quindi prevedibile un ulteriore disarticolazione della sua economica. Nel programma d’interventi per la scuola è stata esaltato l’incremento dell’offerta formativa, risultato ragguardevole soltanto se il numero complessivo degli alunni rimane lo stesso degli anni scorsi e la sua stabilità non si lega alla chiusura di altri plessi del comprensorio. Invece, mi pare che non sia stata presa molto sul serio la preoccupata denuncia del sindaco di Castelnuovo circa la chiusura dei programmi di recupero scolastico per adulti e ragazzi che non portano a termine l’obbligo scolastico, ulteriore impoverimento per il territorio ed ennesima ingiustizia rispetto all’obbligo di fornire pari opportunità ai più disagiati. Perciò, ripartiamo veramente dalla scuola ridandole almeno la funzione che ha svolto fino a qualche anno fa, vale a dire l’ambiente dove acquisire conoscenze necessarie per mettere a frutto i talenti d’intelligenza e la forza di volontà della popolazione. Quali sarebbero state le potenzialità di un figlio di migrante di ritorno, ad esempio dal Venezuela, negli anni Sessanta con una scuola disastrata? Il ragazzo avrebbe avuto l’opportunità di emergere senza la facilità di accesso agli indirizzi formativi di base così come allora venivano offerti? La scuola fino ad oggi è stata il più efficace volano per stimolare la circolarità delle elite in una zona marginale, basta leggere la nomenclatura di chi conta a livello locale per cogliere la portata di un fenomeno riscontrabile in tutti i paesi dell’area, piccoli e grandi. Perciò, non blocchiamo questa opportunità che è uno dei doni più preziosi della democrazia, non la ostacoliamo soprattutto in considerazione degli effetti della globalizzazione, che inducono una percentuale crescente di studenti a porsi il problema di dover espletare le proprie funzioni lavorative altrove. Ebbene, solo accompagnati da informazioni funzionali ai processi economici e dotati di una formazione che consente capacità critica, gli studenti di oggi possono veramente sentirsi protagonisti del loro futuro. Ne deriva che se indirizzi come quello musicale o quello sportivo vanno bene, risulta più urgente concentrarsi sui quattro basilari – classico, scientifico, agrario ed economico-amministrativo – in riferimento alla concreta situazione del Cilento. Tutti dovremmo collaborare per renderli una opportunità di eccellenza. Chi vuole smuovere e portare al centro dell’attenzione dei politici la scuola deve proporre questi programmi, sensibilità che devono manifestare anche i dirigenti moltiplicando la loro capacità di ascolto per coinvolgere le famiglie. Invece, a giudicare da quanto si legge sulla stampa, devono ancora trovare risposta i problemi di agibilità degli edifici, scale di sicurezza non completamente a norma, allagamenti e caduta di calcinacci, uno stato di tensione latente al quale non sempre si risponde con la dovuta attenzione e simpatetica disponibilità, come è capitato in una recente riunione a Vallo. Insipida paccottiglia avanguardista non salvaguarda i fondamenti culturali, sociali, sociologici e psicologici; sovente condanna ad una sostanziale tabula rasa se non contribuisce a sviluppare la capacità critica per operare scelte rispetto al contesto nel quale gli studenti hanno avuto la ventura di essere inseriti. Una educazione efficace deve far sgorgare dal di dentro col ragionamento le scelte, senza imposizioni dall’alto; disposizione, quest’ultima, che va contro il senso comune di una società e suscita perplessità negli alunni, pronti a chiedersi sempre il perché della cose. Da qui i continui appelli degli intellettuali a non togliere l’umanesimo dai programmi delle nostre scuole per bloccare il degrado culturale determinato da chi pensa che conoscenza sia solo la capacità tecnica di destreggiarsi con i computer. Orientamenti di questo tipo minano le fondamenta del nostro sistema culturale. Invece, l’attenzione ai classici aiuta a ricercare i valori ricordando che la scuola, consentendo visibilità alle diversità culturali, ne esalta la specificità garantendo una formazione partecipata, in grado di rileggere la storia del nostro paese per scoprire la convergente attenzione verso l’uomo al quale poter garantire eguaglianza nelle opportunità, giustizia nella distribuzione dei beni, intangibilità dei diritti personali.
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