Per comodità logistica, decido di ripartire da Paestum, e precisamente dalla stazione adiacente a Porta Sirena, per andare a congiungere l’anello verde che toccherà le due aree marine protette del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni fino alla stazione di Policastro.
È una bella giornata di sole che squarcia il cielo velato da molte nubi e riscalda il terreno reso duro dal gelo di questo inverno a cavallo del 2018 e il 2019.
Parto di buon mattino quando l’area archeologica ancora sonnecchia: i negozi hanno le serrande abbassate, i bar sfornano i primi cornetti e cappuccini e i pochi turisti mattinieri si attardano nei pressi del museo in attesa di accedere alla biglietteria ancora chiusa.
Quando svolto a sinistra per virare verso Sud, ricordo bene il momento in cui partii per questa impresa “impossibile” di percorrere di corsa tutto il tracciato del Cammino del Parco, dopo averlo fatto al passo e in bici elettrica in compagnia di molti amici occasionali.
Già dopo il 1° Km mi fermo per fotografare il tempio di Nettuno, poi la Basilica e poi ancora le due bellezze archeologiche insieme dopo aver superato porta Giustizia ed essermi avviato lungo il bel marciapiedi a sinistra della strada che costeggia le mura.
A Torre di mare mi inoltro nel dedalo di case e negozi, anche essi in letargo invernale, e seguendo la linea del mare precluso all’occhio, ma non all’orecchio che rileva lo sciabordio della risacca, punto deciso verso Licinella.
Conosco bene questo marciapiedi in quanto è lo stesso tracciato su cui si corre la Mezza Maratona di Agropoli. Alla mente mi ritornano le gare a cui ho preso parte negli ultimi due anni da quando, in compagnia degli amici della Sporting Calore, mi sono messo in gioco come podista.
Con questi pensieri mi presento al cospetto del mare che si apre alla vista quando supero il ponte sul fiume Solofrone che segna il confine tra la Città dei Templi e Agropoli, la Perla del Cilento.
Sullo sfondo il borgo antico troneggia sulla scogliera e, ancora più in là, si scorge punta Tresino terminale dell’omonimo monte che domina la Baia di Trentova.
Incontro diversi podisti e appassionati camminatori che si godono l’aria impregnata di iodio e dal sapore di sale mentre scendo verso il lungomare San Marco e mi rendo conto che ho percorso poco meno di 10 Km baloccandomi nei miei pensieri.
La Città è in fermento, dalle pescherie tracimano cassette di ogni tipo di pescato, i bar pullulano di gente, famiglie si avviano alla messa domenicale … io mi addentro nel centro e attraverso l’isola pedonale diretto al porto. I natanti di ogni dimensione ormeggiati a riposare per svernare in attesa della buona stagione si dondolano al vento e le sartie si stiracchiano contrapponendosi alla piega che prendono gli alberi. Sul molo alcuni pescatori lanciano le lenze con la speranza di portare a casa qualcosa di fresco da fare in padella …
Mi aspetta la salita che porta allo Scoglio San Francesco: opto per la strada evitando la scalinata che taglia dritto verso l’alto.
Quando arrivo in cima mi soffermo a contemplare il panorama che si concede allo sguardo quasi a 360°: il lungo litorale di Paestum che si innesta sull’inizio della costiera Amalfitana; la sagoma di Capri si staglia sulla linea dell’orizzonte del mare; a Sud si riprende con la costa Cilentana …
La chiesa dedicata al santo povero e il vecchio borgo trasfigurato in hotel e ristorante si confondono con lo scoglio.
Riprendo la strada e, aiutato dalla discesa, velocemente arrivo nella Baia di Trentova dove si può godere del silenzio invernale interrotto dai colpi che le racchette dei giocatori di tennis imprimono sulle palline nell’adiacente circolo di tennis del Tennis.
Non posso fare a meno di scendere fino al mare per “annusare” l’odore di mare e ascoltare lo sciabordare della risacca che, pazientemente, rigetta a riva infiniti filamenti di Posidonia, una pianta impropriamente chiamata alga, che nascondono la sabbia e gli scogli su cui si stratificano …