di L.R.
L’emergenza nella precarietà rischia di travolgerci accrescendo la crisi della nostra società, martoriata dall’egoismo. Eppure questa condizione può trasformarsi in una sfida se, per superare la fragilità del momento, si trova la roccia sulla quale fondare la casa comune, dove poter animare una socialità capace di trasformare in realtà la speranza delle giovani generazioni. Sabato riflettevo su questi temi mentre osservavo un centinaio di giovani che a Vallo partecipava al Giubileo, evento al quale erano stati invitati i residenti nei paesi vicini. Alla loro attenzione si proponeva una riflessione sintetizzata nella domanda: cosa cerchi? Li ho visti raccolti ed attenti, ma non ho percepito l’aura di entusiasmo che scaturisce quando un gruppo d’individui viene coinvolto anche emotivamente da una esperienza significativa. Anche loro, proni alla comunicazione virtuale che in tempo reale consente di collegarsi col mondo rimanendo isolati nel proprio intimo, deluso ed ansioso, davano la sensazione di attendere che il futuro li investa, invece d’impegnarsi concretamente perché esso sia determinato anche dalle loro scelte.
Una prova di ciò è fornita dal livello di partecipazione politica-amministrativa e la sostanziale assenza nei movimenti e nelle aggregazioni partitiche. Molti danno la sensazione di aver firmato una delega definitiva ai soliti frequentatori delle stanze dei bottoni, dove si decide ciò che è bene o ciò che è male ricorrendo sempre al metro dei propri interessi. Da questo punto di vista emblematica é la vigilia delle elezioni comunali a Vallo: tutto tace, alcune tensioni si scaricano via mail o facebook, i “grandi” s’incontrano più o meno furtivamente per stipulare accordi ballerini, che ai primi contrasti determinano ulteriori giri di walzer. Alla gioventù non rimane che precipitare nella ritualità dello sballo o pensare alla fuga in luoghi più ospitali.
Che fare? cosa cercare? Innanzitutto preservare un cuore libero e vincere la tentazione della stanchezza; i giovani cilentani non dovrebbero farsi rubare ancora una volta la speranza. Se per sentirsi vivi e vitali è necessaria la rivoluzione, che procedano andando controcorrente, ribellandosi alla cultura di un provvisorio che si trascina da troppo tempo e fa dell’apparenza l’idolo che consente a tanti fuochi fatui di presumere di poter scaldare il cuore del popolo.
I giovani dovrebbero dimostrare a chi é convinto del contrario che sono capaci di assumersi responsabilità per assicurare una serena esistenza a condizione di superare la scarsa visibilità ed esaltare la disponibilità al volontariato per contribuire al benessere di tutti, convinti che la ricchezza non si misura solo in termini di beni materiali, ma di qualità della vita e d’istruzione, elementi necessari per ricercare uno sviluppo sostenibile. Crescita equilibrata, qualità ambientale, benessere sociale devono motivare chi assume decisioni per produrre una nuova cultura ed una nuova mentalità. A queste condizioni anche nel Cilento si pone riparo al forte deficit di capitale sociale sommando alle dinamiche economiche l’impegno civile, aspetto colpevolmente sottovalutato dall’opinione pubblica e dalla politica, dimentiche di quanto il capitale sociale costituisca un tesoro, una risorsa produttiva sotterranea per superare la sfiducia negli altri e nelle istituzioni.
La difficoltà di decollo della partecipazione civica fa dilagare il pessimismo perché le risorse da investire non sono molte, mentre si è coscienti che per costruire il capitale sociale vanno adottate politiche che richiedono tempo per riscontrare frutti positivi e vincere la crescente insofferenza verso il dialogo generatore di rapporti costruttivi. Così si radicano pregiudizi, riserve mentali, una diffusa mancanza di fiducia nei riguardi dell’apparato pubblico, con continue conflittualità ed insofferenza. Per difetto di libertà interiore si annebbia la ragione e non si valuta la vita secondo criteri di prudenza proponendo a modello il cittadino che si assume responsabilità, disciplinato nel lavoro, pronto al sacrificio: una riforma di natura etica con forte spessore culturale.
Alla diffusa mancanza del senso dello Stato, alla quale si accompagna il grave vulnus di autonomia della società civile a causa dell’ingerenza dei partiti, impegnati nella loro auto-perpetuazione sfruttando gli enti pubblici, si affianca una partitocrazia che umilia la democrazia, situazione che non aiuta i giovani a sentirsi soggetti creativi. Partecipare alle loro attese ed alle loro aspirazioni è responsabilità degli adulti, i quali devono costruire un adeguato percorso educativo senza costrizioni per abituare ad un uso equilibrato della libertà grazie alla sapiente gestione dell’autorevolezza, consapevoli che loro sono la vera ricchezza della comunità, potenziali forze propulsive in grado di segnalarsi per freschezza, positività di idee e persistente spinta ideale. Per superare autoritarismo e permissivismo occorre venire a capo di ogni eccesso d’insofferenza per difetto di libertà interiore; quindi, sull’homo economicus deve prevalere quello ethicus, pronto a risorgere anche dopo eventuali sconfitte.
A questo proposito un ruolo insostituibile lo assolve la scuola, autentico educatore politico che opera per l’auspicata uguaglianza delle condizioni di partenza praticando un apprendimento fondato sulla curiosità scientifica e finalizzato alla formazione morale dell’individuo. Così l’auto-valore della cultura plasma il cittadino del domani capace di condivisione, libero da ogni minaccia di degenerazione egoistica, affinato nelle doti intellettuali e morali con la pratica di una cultura essenzialmente dialogica.