di Ilaria Longo
Uno squillo, due squilli, tre squilli. “Pronto?”
A rispondere è Chiara Maci, una delle food blogger italiane più apprezzate e seguite che ha conosciuto il successo con la trasmissione “Cuochi e fiamme” su La7 e in questo periodo è in onda col programma “#VitaDaFoodBlogger” su Foxlife.
Nonostante l’accento bolognese, questa ragazza – classe 1983 – è di origini agropolesi. A 10 anni si è trasferita a Bologna dove si è laureata in Giurisprudenza, poi è “emigrata” a Milano e qui, dopo aver frequentato un Master in Media Relations, ha iniziato a lavorare presso un’agenzia di comunicazione. All’improvviso è maturata in lei la decisione di mollare tutto per dedicarsi alla sua passione per la cucina. Così, per dirlo con parole sue, “di una risata, due mani sporche di farina e un buon calice di vino ne ho fatto uno stile di vita” perché, come sottolinea, “la cucina fa parte della mia famiglia e della mia storia: mia madre è bolognese ed è una sommelier, mio padre è leccese ed io sono cresciuta nel Cilento. Tre culture – quella bolognese, quella pugliese e quella cilentana – con una grande ricchezza enogastronomica”.
Come mai hai scelto di licenziarti e quando è iniziata l’ascesa verso la notorietà?
Quando ho scelto di licenziarmi ho fatto un passo nel vuoto perché ero stanca della gerarchia aziendale. Ero confusa e sono ritornata a Bologna dove ho aperto il blog ‘Sorelle in pentola’ insieme a mia sorella (Angela Maci, ndr). Risposi ad un annuncio per un provino come concorrente per un programma di cucina che doveva essere condotto da Alessandro Borghese. Il caso volle che la persona che era stata scelta come giudice non partecipò più e quindi, dal momento che avevo girato molto e che per questo conoscevo molti chef stellati, mi proposero di fare il giudice.
Così è iniziata la mia collaborazione col programma “Cuochi e fiamme” che è stato un successone ed il pubblico si è molto affezionato a me. Da lì ho iniziato a perfezionare la mia preparazione in ambito gastronomico. Devo molto a questa trasmissione non solo perché mi ha dato visibilità, ma anche perché è stato uno stimolo per iniziare a studiare. Ci tengo a dire cose corrette in merito alle mie ricette e per fare questo devi studiare.
Si potrebbe pensare che una food blogger prepara delle pietanze e poi posta foto e procedimento sui social. In realtà fare questo mestiere va al di là di queste azioni. Che cosa fai praticamente?
All’inizio si comincia cucinando, fotografando i piatti, postandoli e sperando che qualcuno legga le ricette. Inizi poi a collaborare con delle aziende che propongono scambio merci o di fare le ricette per loro. La difficoltà è sia nella gestione dei clienti che nella scelta delle aziende con le quali lavorare. Io ho scelto di essere credibile e quindi voglio che la gente mi segua perché può fidarsi di me sapendo che parlo di un determinato prodotto perché ho avuto modo di “testarlo” realmente. Una delle prime aziende per le quali ho lavorato, e lavoro tuttora, è stata “Norge” che produce stoccafissi e baccalà. Io sono stata in Norvegia, ho pescato, ho fatto tantissime ricette solo con questi due prodotti. Non posso lavorare con nessuna azienda se prima non so di quali prodotti sto parlando. Quando diventi un influencer sposti effettivamente delle tendenze ed allora è giusto sapere che tipo di responsabilità si ha. Purtroppo il mondo dei blog è abbastanza anarchico e sta all’intelligenza dell’azienda, poi, capire quali sono i blog effettivamente credibili.
Qual è il tuo rapporto con Agropoli e con il Cilento?
Sono follemente attaccata al Cilento e ad Agropoli in particolare. Lì mi sento davvero a casa. Sono innamorata di questo posto perché è qui che sono nata ed appena metto piede in questo territorio mi sento protetta. Le festività sono legate a questa città dove trascorro tutto il mese di agosto e le vacanze pasquali. Il cibo è legato al Cilento e anche adesso, nel mio programma, parlo sempre del Cilento e di Agropoli. Molte volte, prima di presentare una ricetta, esordisco dicendo: “Quando ero ad Agropoli…” o “Quando vivevo ad Agropoli…”. Tanti piatti che propongo appartengono alla cucina cilentana.
Il tuo lavoro ti dà la possibilità di attraversare l’Italia osservando e gustando i piatti di tante località. Qual è la cultura del cibo nel Cilento e quanto si potrebbe investire su questo aspetto che caratterizza il nostro territorio?
Penso che si potrebbe investire molto di più nella cucina. Nel Cilento c’è una cultura del cibo fatta di tradizioni e di territorio, ma non promuove abbastanza questo aspetto anche se, dopotutto, questo è un problema italiano. Non ci sono molte iniziative che fanno parlare della cucina cilentana e ci sono regioni che possiedono molto meno, ma riescono a comunicare di più. Abbiamo, nel Cilento, enormi potenzialità: ingredienti coi quali seguire trend vegani o vegetariani, vini pazzeschi con un ottimo rapporto qualità/prezzo etc. Abbiamo un potenziale enorme per poter emergere, ma non sappiamo comunicarlo.
Hai avuto il coraggio di abbandonare un lavoro certo per seguire la tua passione. Cosa consiglieresti ai tanti giovani che oggi sono in bilico tra presunte certezze e sogni da accantonare?
Viviamo in un brutto periodo e se si hanno delle idee e la voglia di investire in esse, è necessario avere anche tanto coraggio. Tuttavia, se quelle idee sono intelligenti è proprio questo il momento per tirarle fuori e farle fruttare. Ai giovani consiglierei di osare sempre.
Dalle parole di Chiara traspare l’amore per il Cilento e la voglia di comunicarlo. Perché comunicare vuol dire esistere e questa ragazza ci tiene molto a far esistere le sue radici, il suo territorio, la sua casa.