Al Dott. Filippo Taddei
Responsabile Economico del PD – ROMA
e p.c. A tutti gli Amici del Credito Cooperativo
Egr. Filippo,
torno a scriverLe sull’argomento della riforma delle BCC dopo lamia lettera dello scorso 4 gennaio cui Lei amabilmente diede risposta.
In quella lettera io insistevo sui meriti delle BCC e sulla loro differenza positiva rispetto al sistema bancario italiano ma indicavo anche alcune soluzioni di merito.
Negli ultimi giorni la riforma – pare – si sia incamminata sulla strada della condivisione dell’intero sistema BCC e questo ci fa molto piacere. Avere una Capogruppo con funzioni di controllo e coordinamento potrebbe certamente permetterci di intervenire a monte delle crisi e non più solo (inutilmente) a valle.
La riforma porterà comunque cambiamenti certi e risultati incerti. Apriremo a logiche di finanza capitalistica e avvieremo alla logica del profitto un pezzo significativo del nostro credito che finora ha invece lavorato su base mutualistica e solidaristica con risultati superiori al resto del sistema bancario: vedi Core Tier 1 e quotazioni di borsa di questi giorni. Finisce, dopo 130 anni, la finanza a chilometro zero e inizia quella del “facciamo di tutte le erbe un fascio”.
Ad ogni modo bisogna andare avanti. Quello che maggiormente non mi convince è questa eventuale “tagliola” secondo cui la BCC che non ha “mezzi propri” superiori ad un certo importo, definito per decreto, non può continuare ad esistere ma deve fondersi per forza.
Onestamente, questo provvedimento, se varato, somiglierebbe molto al decreto sulle Casse Agrarie che fece il fascismo nel 1938 e non sarebbe certamente un salutare revival.
Non sono d’accordo sulla “tagliola” per tutta una serie di motivi oggettivi, che provo a descrivere:
– meriti o demeriti di una banca non sono riconducibili alla ragione sociale o alla dimensione dell’azienda ma solo alla qualità delle persone. Mi pare sia un dato incontrovertibile;
– non si può certo sostituire la qualità con la quantità. Non sarà mai la dimensione a generare qualità, semmai il contrario. Non c’è capitale sufficientemente alto per evitare gli effetti della “mala gestio”;
– le quattro banche peccatrici, di cui tanto si parla ultimamente in Italia, avevano tutte più di 50 milioni di mezzi propri…
– alla fine del 2011 le BCC in Italia erano 411 oggi sono 360. Vi sono già numerosissime fusioni in avanzato itinere per cui alla fine di questo anno saremo scesi a circa 300 unità. Quindi è in atto un processo di aggregazioni spontanee, virtuose e sostenibili che se invece fossero imposte per decreto-legge, e non dal mercato, produrrebbero un effetto dirompente e deleterio per il nostro movimento. I matrimoni tra BCC devono essere per amore non per unioni civili;
– la “tagliola” colpirebbe pesantemente e principalmente le BCC del Sud Italia. Al Sud vi sono le BCC più piccole ma (paradossalmente) sono anche le migliori, come ha dovuto riconoscere Il Sole 24 Ore del 14.01.16, pag. 25, in un articolo di Fabio Pavesi che scrive “sbaglia chi pensava che fossero le piccolissime banche del Sud ad evidenziare i problemi maggiori”;
– voglio precisare che al Sud, nelle BCC, il rapporto impieghi/depositi è intorno al 60% mentre al Nord è intorno al 90%: la storia si ripete, lo fecero già i Savoia…
– togliere al Sud, per decreto, le uniche (piccole) banche che ancora hanno i loro centri decisionali al di sotto di Roma non mi pare una scelta intelligente. Eliminare le nostre piccole repubbliche del credito per fare delle monarchie finanziarie significa anche aumentare il disagio sociale già così presente al Sud. Non a caso lo slogan della nostra BCC di Aquara è “dalla tua parte, dalle tue parti”. Non vedo perché essere banca di paese debba essere considerato un limite anziché una virtù acclarata;
– il tessuto produttivo italiano è fatto di piccole e micro imprese, come tutti sappiamo, soprattutto al Sud per questo il loro interlocutore più logico sono le banche piccole e locali con le quali hanno certamente un maggiore potere contrattuale e di ascolto;
– fondere per decreto le piccole e virtuose BCC non mi sembra perciò una scelta felice. Tanto più che sarà la Capogruppo a vigilare, d’ora in poi, sulla capacità di produrre reddito da parte di una BCC e quindi sulla sua capacità o meno di stare sul mercato. Tra i poteri della Capogruppo vi sono già gli anticorpi per le BCC non virtuose. Lasciamo, quindi, esistere quelle virtuose, come hanno vissuto finora. Sarebbe un grave colpo alla meritocrazia. La “tagliola” per loro sarebbe come ricoverare per forza una persona sana: ci sarebbe solo un costo per il servizio sanitario…
– una Nazione occidentale moderna e liberale non può imporre per legge ad una azienda sana e redditizia di interrompere il suo percorso produttivo. Sarebbe la negazione del liberismo, della libertà d’impresa. Ci vedo quasi un complotto della grande finanza a danno del credito cooperativo in un momento in cui si appalesano sempre di più i meriti delle BCC ed i demeriti borsistici e reputazionali delle altre banche;
– cosa si vuole ancora dalle BCC perché diventino finalmente un modello da difendere senza alcun distinguo? Sono altre le banche da riformare… come ci annunciano le cronache quotidiane;
– non capisco perché per le popolari si favorì – per decreto – l’uscita di quelle più grosse mentre per le BCC si vorrebbe far uscire quelle più piccole. Sembra la pubblicità della vecchia grappa Bocchino: via la testa, via la coda resta solo il cuore… mentre forse sarebbe il caso di favorire anche tra le BCC la fuoruscita di quelle più grosse. Lo diceva già Don Milani: non si possono fare parti uguali fra diseguali…
– chi vuole effettivamente bene alle BCC, chi pensa che esse siano utili al tessuto economico della nostra Nazione, chi vuole fare un bagno di sano realismo deve avere l’onestà intellettuale di riconoscere che il nostro problema non è la dimensione troppo piccola semmai il contrario ma in entrambi i casi occorre tener presente che se ne esce solo modificando la governance non certo con artifici normativi e/o finanziari. Dobbiamo metterci sul mercato? Ok. Ma ditemi chi potrebbe essere interessato ad investire capitali nella nostra Holding per assumere un rischio paese, visto che non abbiamo scopo di lucro (spero che almeno questo ce lo lascerete) e visto che ci obbligate a stare insieme perché c’è un rischio sistemico?
– tutto questo gran parlare (a sproposito) di banche oggi in Italia sta danneggiando pesantemente le banche. Sta minando la credibilità del credito, sta danneggiando la capacità delle banche nel recupero del credito, sta facendo crescere le sofferenze, sta facendo crescere nei debitori la falsa convinzione che i debiti si possono anche non pagare. Invece, le banche hanno dannato bisogno di uno Stato che ci dia la crescita economica e la certezza dei pagamenti. In carenza di queste cose, ogni nuova normativa che produciamo serve solo a farci del male;
– se proprio dobbiamo modificare qualcosa modifichiamo la governance. Per le BCC abbiamo bisogno, a mio modesto avviso, di alcuni correttivi che vadano verso una maggiore democrazia partecipativa ed un maggiore pluralismo.
Nel caso non si voglia eccedere con tante norme, tanti paletti da rispettare, basterà un semplice accorgimento. Basterà stilare annualmente una classifica oggettiva delle BCC più meritevoli e riservare l’amministrazione di tutti gli organismi di secondo livello solo ai rappresentanti delle BCC meritevoli indipendentemente dalla loro dimensione, semplicemente scorrendo la graduatoria. Così facendo, chi vuole governare deve brillare e per brillare deve migliorare i propri conti/indici, che è esattamente ciò che serve al sistema: avere solo BCC con gli indici a posto. Sarebbe un bell’esempio di come, senza una asfissiante burocrazia, otterremmo risultati più brillanti perchè nessuno vorrà stare in fondo alla classifica e per non starci devi migliorare…
A volte le cose semplici sono quelle più efficaci. Cacciamo i burocrati dal tempio.
Per concludere voglio riportare parte di una recente relazione del brillante ed esperto Prof. Marco Vitale:
“La nostra Costituzione è un grande baluardo per resistere a ulteriori concentrazioni di potere finanziario, per una economia ed una finanza partecipativa dove c’è posto per i grandi e per i piccoli, per una economia del libero intraprendere ma nel rispetto di diritti sovraordinati, rispetto a quelli, pur legittimi, della buona finanza, per una economia, una società, una cultura equilibrate che si oppongono all’appiattimento ed omogeneizzazione tecnocratica per la quale solo le grandi dimensioni meritano rispetto.
Ecco perché non perdono occasione per tentare di scardinarle. Questa, e semplicemente questa, è la partita in gioco nel tentativo in atto di omogeneizzare e banalizzare tutte le nostre strutture bancarie, per sottoporle al pensiero unico di chi pensa che le banche popolari, e tutto il credito cooperativo siano, un’anomalia del sistema. Ed in effetti si tratta di un’anomalia rispetto al loro sistema. Ma il loro sistema è esattamente quello che i padri costituenti non volevano.”
Per tutti questi validi motivi, io invito ancora una volta a togliere dal tavolo la “tagliola” della soglia minima di capitale: meno Stato e più Mercato. Grazie. Cordiali saluti.
Antonio Marino
Direttore Generale BCC Aquara
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