di Antonella Citro
Con la firma del Ministro alla Giustizia Andrea Orlando, il 27 ottobre scorso, è stata disposta la soppressione
della Casa Circondariale in Via Gioberti a Sala Consilina. E per la seconda volta in due anni, cioè dopo la soppressione del tribunale, scoppia di nuovo la polemica nel Vallo di Diano. Si riapre quella ferita mai rimarginata e si infiammano gli animi mai rassegnati. Nel Decreto si legge che le motivazioni sono di natura antieconomica che tradotto vuol dire la modesta recettività della struttura in termini di costi/benefici. Tra i motivi anche una grave inadeguatezza dell’edificio e la sua sicurezza. “Con la soppressione dell’istituto si può consentire ad una significativa economia di risorse utilizzabili in altre strutture penitenziarie in aderenza al principio di ottimizzazione dell’uso delle risorse umane, finanziari e materiali – spiega l’on. Simone Valiante nella lettera indirizzata al Guardasigilli- complice il sovraffollamento carcerario, alla luce dell’importanza strategia geografica che lo stesso istituto ricopriva in un territorio già fortemente penalizzato anche dalla recente chiusura del Tribunale, si chiede una deroga alla soppressione”. In realtà, all’indomani della chiusura del Palazzo di Giustizia salese, la chiusura della Casa Circondariale sembrava a tutti quasi una naturale e inevitabile conseguenza. Un’equazione logica dettata da un legame stretto a doppio filo. Spezzato il primo anello di quella catena ora è toccato al carcere. Il sindaco Francesco Cavallone, appresa la decisione del Ministro, ha detto subito di voler raccogliere tutte le forze politiche e amministrative del Vallo di Diano in una mobilitazione generale. “La politica ancora una volta ci ha lasciato da soli – ha detto il sindaco- nonostante fossero circolate voci di soppressione nulla pareva certo. Nemmeno il direttore del carcere, Concetta Felaco, mi aveva dato conferma di ciò. Poi è arrivata la conferma della soppressione. Credo che una buona responsabilità di quanto accaduto sia da attribuire al Pd e al Premier Matteo Renzi”. Il riferimento allora è chiaro: il Vallo di Diano ha subito un secondo torto dopo la soppressione del tribunale avvenuta nel 2013. E Cavallone è su tutte le furie perché ancora una volta il Pd, il suo partito, non ha guardato oltre il suo naso ed è passato oltre applicando criteri sic et simpliciter a un territorio già provato. Va detto che, ad aprile scorso a Roma Cavallone volendo capire come ampliare la capienza da 30 a 51 posti per evitare la soppressione, spiegò la situazione locale nelle stanze della politica nazionale. E fino a questo momento tutto sembrava fermo. Oggi invece a Decreto firmato pare che già nove dipendenti siano stati trasferiti. Da qui si procederà con lo smantellamento della struttura e trasferimento di tutti gli altri dipendenti compresi ovviamente i detenuti. Con una lettera inviata al Segretario Comunale, intanto il consigliere di minoranza Giuseppe Colucci, ha chiesto l’immediata convocazione di un Consiglio Comunale monotematico con all’Ordine del Giorno il tema “Carcere”.