La festa del Carciofo a Gromola di Paestum. E quello che manca.
Migliaia di campani e di stranieri alla Festa del carciofo svoltasi a Gromola. Camperisti accorsi da varie regioni italiane si sono accampati per giorni nel campo sportivo Salvatore Apadula adiacente la piazza del caratteristico borgo rurale. Siamo in tempi in cui in televisione si cucina e si mangia in versione 24 h senza interruzione. Poteva mancare la sagra del carciofo di Paestum? Ebbene no. Il carciofo si festeggia anche a Pertosa-Auletta, a Niscemi , a Ladispoli, che per anni ci ha fatto la concorrenza nei mercati di Fondi e Roma. Carciofi cucinati secondo la tradizione e ricetta moderne grazie agli chef del’Istituto alberghiero di Paestum. Di questa kermesse voglio ricordare anche i braccianti (italiani ed immigrati), che si spezzavano la schiena con la sporta sulle spalle per cogliere il famoso carciofo di Paestum. Perché pensare agli ultimi nobilita sempre, soprattutto in questo momento di maggiore difficoltà economica e dovrebbe essere un segno di solidarietà molto forte che chiunque amministratore o cittadino comune ed attivo dovrebbe dare. Le sagre che pubblicizzano i prodotti del luogo, vanno pure bene, ma una comunità per crescere ha bisogno anche di altro. Paestum non ha un teatro (ma lo aveva 2000 anni fa), non ha un cinema, (un auditorium sarebbe fantascienza), non abbiamo campi di calcio con l’erba, non abbiamo uno spazio civico (degno di questo nome) dove espletare confronto pubblico ed un minimo di funzione pedagogica, palestre pubbliche che si possano definire tali, una scuola civica per quanto riguarda le arti e l’artigianato. Abbiamo i templi e basta, almeno rimontassero le cupole che servivano in parte per svolgere alcune di queste funzioni capillari per una società che si voglia definire civile nell’accezione del termine. Il moderno abbinato al classico proiettava Paestum nel futuro. E smettiamola di accapigliarci o di pensare soltanto a mozzarelle e cibarie. Quando costruirono la Torre Eiffel a Parigi decine di comitati di cittadini si costituirono per farla smontare. A capo di uno di essi vi era il famoso scrittore Émile Zola: sostenevano che era una oscenità, un obbrobrio. Dopo sappiamo come è andata a finire.
Antonio Pecoraro