Tracciare bilanci è una delle attività più antiche e istintive dell’uomo. Viene naturale, quando un ciclo finisce e se ne apre immediatamente un altro, così come viene naturale provare quello strano ma accecante senso di nostalgia per le cose che si esauriscono. Cosa resterà del 2017 a noi abitanti dei piccoli borghi dell’entroterra? Fissare un bilancio è quantomai difficile, giacché il senso di vuoto cosmico sembra inghiottire e spazzare via tutto il resto. Resterà, come sempre, la paura del futuro, quella di costruire la propria famiglia in questa terra e di far germogliare le proprie radici, resterà quel senso tonfo e sordo di avvelenamento nel dover quasi sempre partire. Resteranno le strade, quelle strade sempre martoriate che non ti permettono di andar via, che ti bloccano e ti creano ostacoli, quelle strade così malconce che è un ossimoro accostarle al numero 2017, quasi 2018. Quelle strade che, quando stai male, non sono un ponte ma un gigantesco burrone verso il vuoto. Rimarranno le infinite lotte per l’ospedale, rimarranno i nostri Comuni pullulanti di figli di e di nipoti di, rimarranno le iniziative ad appannaggio sempre e solo di pochi. Rimarrà il senso di frustrazione perenne, quello sì. Rimarranno le nostre fantastiche sagre e manifestazioni gastronomiche e culinarie, ché almeno in quei momenti si evita di pensare, se hai davanti un piatto di pasta fresca fumante. Rimarranno i promotori e i paladini del nostro territorio, ma sempre e solo rigorosamente in estate e ad agosto, perché poi di solito non rimangono mica. Rimarrà chi vuole fare il paladino culturale ma non conosce neppure le fattezze del centro storico. Rimarranno anche le lotte fratricide tra chi non vota questo o quello, rimarranno le chiacchiere e la mentalità d’osteria che non dovrebbero rimanere. Ma rimarranno, paradossalmente, anche le persone oneste. Le persone perbene, che non hanno nessun santo in paradiso, che non hanno altarini sul Comune, sulla Regione o da qualsiasi altra parte, rimarranno le persone che si sporcano le mani ogni giorno per tentare di respirare in un marasma di burocrazia che tarpa loro le ali, rimarranno quelli che si vedono scavalcati ogni giorno, che provano a garantire qualcosa ai loro figli facendo il massimo. Chi si scontra con la realtà contingente, chi soffre, chi annaspa. Continueranno a prendere le loro macchine e i loro pullman per andare nei centri vicini a lavorare, a fare corse quotidiane, a scontrarsi con le poche realtà lavorative delle nostre terre, pensando talvolta “Chi me lo fa fare?”, continueranno a prendere treni e magari a tornare sempre. Continueranno a tenerla viva, questa terra, nonostante le possibilità di vivere che sono come quelle di una mosca in un barattolo. Rimarranno, dal 2017 al 2018 a tutti gli altri anni, esempi fulgidi e perbene di questa terra, rimarranno coi loro negozietti, con le loro attività mangiate dalle tasse, con le loro attività messe in piedi con le proprie forze, rimarranno anche con i loro turni in attività di altri, in paese o fuori. Rimarranno, in un contesto dove è imbarazzante anche solo parlare di opportunità lavorative, e meno male che rimarranno.
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