Di Bartolo Scandizzo Sono 52 i “beni del parco”! Si tratta di unità immobiliari di proprietà o prese in comodato dai comuni nel corso degli anni perché, oggettivamente, avevano una valenza storica architettonica. In molti casi l’ente parco ha richiesto e ottenuto che fossero destinatari di investimenti per la loro ristrutturazione e messa a reddito e che diventassero volano di sviluppo dei comuni dove sono situati. Non sono pochi, invece, gli immobili che, dopo essere stati ristrutturati, ammobiliati, e collaudati sono rimasti nell’abbandono e andati a finire nel dimenticatoio sia dei comuni sia dell’ente tranne per un fatto: le spese di manutenzione, di riscaldamento e di quant’altro necessario al loro mantenimento sono state caricate sul bilancio del Parco Nazionale del Cilento, Diano e Alburni (PNCDA). Su Unico, più volte in questi anni, abbiamo segnalato la necessità che il PNCDA mettesse a reddito questi “beni” al fine di valorizzare gli investimenti fatti e per evitarne il degrado che scaturisce sempre dalla mancata utilizzazione di un immobile. Purtroppo, fatto salvo per alcune strutture (Palazzo Mainenti e Tenuta Montisani diventate sedi dell’ente a Vallo della Lucania, il Museo Naturalistico a Corleto Monforte e Villa Materazzo a S. Maria di Castell’Abate), le altre sono in attesa di un piano organico di valorizzazione. Eppure, facendo leva su un patrimonio così importante, sia per il valore in sé sia per gli investimenti fatti per renderli fruibili, il PNCDA potrebbe dare un’anima identitaria unica al territorio compreso nell’area protetta. In fondo, per ogni intervento fatto erano previste le risorse proprio per dare seguito alla loro messa a reddito. Il 24 novembre il presidente Tommaso Pellegrino ha convocato il consiglio dell’ente parco per approvare il bilancio preventivo del 2017. Sarà l’atto politico economico più importante della sua presidenza. In esso saranno contenute, sotto forma di numeri, le priorità che la sua gestione ha intenzione di porre alla base del suo mandato. È quella l’occasione per dare un segnale forte su cosa l’attuale gestione vorrà fare di questi “beni”. La cosa più semplice è quella di restituire alla responsabilità dei comuni gli immobili e i relativi costi. Si farebbe così una ridistribuzione delle responsabilità ed anche un significativo risparmio di risorse (circa € 400.000 all’anno) da parte dell’ente al netto degli investimenti fatti finora (circa € 100 milioni tra acquisizioni e interventi di ristrutturazione). Ovviamente, c’è da attendersi una levata di scudi da parte dei comuni che farebbero fatica a ritagliare risorse dai propri bilanci sia per la gestione ordinaria sia per il rilancio dell’utilizzo dei beni stessi. Potrebbe esserci anche un’altra via … Quella appunto di dare seguito all’idea di porre questo patrimonio alla base di un progetto di rivalutazione del patrimonio immobiliare dei comuni del parco. Si tratterebbe di “rastrellare” risorse non spese all’interno del bilancio, proprio quelle destinate alla messa a reddito previste nei singoli progetti di ristrutturazione, di chiamare in causa i comuni dove i siti sono allocati, di individuare una misura che configuri la possibilità di finanziamento per le aree interne, di chiamare consorzi e aziende private disponibili a compartecipare al progetto e di porre le basi, così, alla realizzazione di un unico soggetto in grado di coordinare e mettere a reddito il patrimonio. Da qui a far partire una grande iniziativa per l’acquisizione, il recupero e la messa sul mercato del turismo di medio e lungo termine di parte del patrimonio abitativo, che è la “croce” poggiata sulle spalle di ogni sindaco o amministratore dei nostri piccoli comuni, il passo è breve anche se non semplice. Ovviamente, l’approvazione del bilancio del PNCDA prevederà anche altre decine di capitoli che caratterizzeranno la politica di questo consiglio. Appena il documento di programmazione economica sarà approvato saremo in grado anche di commentarlo. Clicca qui per l’elenco del patrimonio immobiliare del Parco.
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