di Oscar Nicodemo
Tra i presepi più sintomatici che si possono ammirare vi è quello rappresentato dal borgo di Cardile, meraviglia del Cilento interno. Non una semplice creazione, dunque, ma un’autentica opera di trasformazione, sfruttando l’esistente e il vissuto, senza apportarvi alterazioni strutturali, affidandosi solamente al prodigio dell’animazione, dell’addobbo, della rifinitura scenica. Il tutto, da inquadrare in una visione ecumenica che lancia un importante messaggio di pace attraverso il legame e l’intreccio delle religioni, quali il cristianesimo, l’islam e l’ebraismo.
Autore dell’opera un noto artista di Vietri sul Mare, Vincenzo Sessa, maestro nella lavorazione del sughero e della terracotta, che ha riprodotto in miniatura alcuni scorci più suggestivi del borgo del caratteristico paesino cilentano. Così, i palazzi più importanti, tra cui quello baronale, il frantoio di un tempo, l’antico mulino, la storica fontana, il rudere di San Salvatore, la suggestiva piazza con palazzo Rizzo assurgono ad una simbologia di tradizione che suscitano un notevole interesse spirituale, fornendo anche degli interessanti motivi di natura turistica.
Il presepe è stato costruito in sughero naturale, proveniente dagli alberi di sughero sardi. Le case sono state riprodotte fedelmente, mentre l’effetto pietra è stato realizzato con particolare maestria, usando polvere di sughero e collanti speciali. Le stelle sono state fissate nel cielo, utilizzando fibre ottiche a riflesso di luce. La roccia nel presepe indica, invece, come tutto il centro storico di Cardile non abbia fondazioni, essendo le case costruite direttamente sulla roccia del sottosuolo. E questo spiega la peculiare conformazione del borgo, che si sorregge su tanti archi in pietra, i quali si ramificano, prendendo vita da due stradine principali per condurre nelle abitazioni e negli orti attigui.
Ogni dimora è stata ricoperta con tegole in terracotta, intagliate una per una e poi sagomate, per essere, infine, cotte ad una temperatura di circa 1.000 gradi. Per l’intera struttura sono state utilizzate più di 25.000 tegole; solo sulla chiesa se ne contano circa 3.000. I pastori, intenti a rappresentare gli antichi mestieri sono stati realizzati secondo la sapiente arte della ceramica vietrese. Si presentano in terracotta, vestiti con costumi dell’800 e del 900 alcuni fissi e altri animati da motoriduttori elettrici e vestiti con costumi dell’‘800 e del ‘900. Si consideri che il tempo impiegato per costruire tutta l’opera in miniatura è stato di quasi 12 mesi.
Affidandoci alle notizie storiche del luogo e a quelle relative alla promozione dell’evento natalizio cardilese, descriviamo angoli e scene dell’opera presepiale, cominciando col dire che la visita al “borgo di Cardile nel presepe del mondo” inizia con l’antico mulino. La struttura, ancora oggi intatta, si trova in località “Ortale” ed era animata dall’acqua del ruscello Cupolo, che nasce dalle montagne che sovrastano il paese. La sua acqua un tempo riempiva una peschiera situata a monte del mulino, scorrendo nella torretta che si può osservare sul tetto del mulino stesso. Una volta riempita la torretta si lasciava defluire l’acqua, che per la pressione accumulata, metteva in moto la ruota visibile dentro l’arco del mulino. Il moto della ruota si trasmetteva con un asse verticale nella stanza superiore del mulino, azionando una pietra circolare che si muoveva sopra ad un’altra fissata nel pavimento. Attraverso la rotazione della pietra superiore sulla quella inferiore, la quale presentava sulla sua superficie delle scanalature per far passare il grano da trasformare in farina, avveniva la macina da parte del mugnaio.
Nell’angolo del presepe troviamo rappresentata la scena della pastorizia, un’attività molto fiorente nel passato, ma che oggi comunque conserva la sua tradizione da parte di alcuni cardilesi dediti all’allevamento di pecore, capre e mucche. Nello scenario del borgo si può osservare il pastore intento alla tosa delle pecore, il pastore che riposa dentro al suo pagliaio, il pastore dedito alla preparazione del formaggio.
Come già accennato, dalle montagne prende a scorrere il ruscello, che tocca l’inizio del paese, venendo da Gioi e proseguendo verso Vallo. Nel passato insieme ad altri fiumicelli del paese costituiva la forza dell’acqua che animava ben sette mulini, rappresentando una ricchezza per l’economia del borgo. Nei pressi del ruscello è presente una roccia dove la leggenda racconta che in uno scontro con la Vergine sia stato scaraventato il demonio, lasciando impresse sulla roccia le sue orme, tanto che la località prende il nome di “Ciampa re lu riavolo”.
Sotto la fontana è posizionato uno scalpellino, figura presente nel presepe per mettere in risalto proprio la pietra, che un tempo rappresentava per il paese una risorsa, non solo nella costruzione delle case del borgo di Cardile, ma anche di quelle dei paesi limitrofi o della stessa Curia diocesana di Vallo. Di pregevole fattura in pietra sono le opere degli scalpellini nel borgo come il portale del palazzo baronale o le “saiettere” (feritoie) o le soglie di qualche palazzo gentilizio. La presenza dell’apicoltore intento a raccogliere il miele, segnala un’altra attività fiorente a Cardile come la produzione del miele. Dalla flora del Cilento si ricava una grande varietà di mieli, frutto della biodiversità che caratterizza il territorio del Parco del Cilento e che lo hanno contraddistinto per le diverse specie di fiori, tanto da divenire per la sua biodiversità Patrimonio dell’Umanità come dichiarato dall’Unesco.
L’arco con il panettiere è inserito nella parte più vecchia del borgo, chiamata “Lo Vaglio”, che secondo alcuni era chiamata così perchè era un luogo dove si era soliti effettuare l’operazione di vagliatura del grano (operazione raffigurata dal pastore in movimento con il cernicchio), cioè separare la pula dal grano; secondo altri deriverebbe da “baglio”, inteso come nucleo abitato.
A destra di via Vaglio si trova il Palazzo dei Baroni, riprodotto fedelmente in scala. A Cardile dal ‘500 amministravano le sue terre e le sue contrade i baroni Siniscalco, che oltre a vantare diritti sulle proprietà amministravano la giustizia con una propria corte e un carcere.
Davanti al Palazzo baronale è inscenata la lavorazione del lino con tre pastori: la tessitrice al telaio, il cardalino e il pastore addetto a manganare con il mangano uno strumento che serviva a sfilacciare le fibre del lino più grezze per essere assottigliate ulteriormente con il cardo, prima di essere filato. Probabilmente dal cardo ha preso il nome Cardile. Sulle cartine geografiche di fine ‘600 il paese è indicato come “li Cardili”, in riferimento proprio all’attività dei cardatori di lino presente nel borgo.
Infine, la Chiesa dedicata a San Giovanni Battista. La Chiesa sin dalle origini fu costruita con una sola navata, alla quale, come descritto nella visita pastorale del 1736, fu aggiunta una piccola navata laterale per custodire la settecentesca statua di San Giovanni Battista. Si tramanda che quando nel ‘700 arrivò nel porto di Pioppi la statua da Napoli, accorsero degli uomini per prelevarla e portarla a Cardile. La statua che era chiusa in un cassone pesava in modo eccessivo e mentre gli uomini risalivano la fiumara pensarono di vedere la fattura della statua che tanto pesava. Allo scoperchiare del cassone e al vedere il Santo rimasero talmente impressionati dalla bellezza così reale della figura di San Giovanni che la statua sembrò non pesare più e la portarono in paese, facendo gran festa.